Dal 1 al 31 agosto non c’è stato un solo giorno senza un caso di violenza fisica contro un medico o un infermiere, nell’80% dei casi una donna. La maggior parte delle aggressioni avviene nei pronto soccorsi, seguiti dagli interventi del 118 e dai reparti di psichiatria, secondo un’indagine di Amsi, Umem e Uniti per Unire. Sin dalla loro fondazione, queste associazioni monitorano la condizione delle donne nella sanità, sostenute da corrispondenti in oltre 120 paesi. Hanno recentemente pubblicato il Manifesto “Uniti per i Medici”, firmato da quasi 425 enti e associazioni, con 45 punti a difesa della sicurezza dei professionisti sanitari e, in particolare, delle donne. Le aggressioni sono sia fisiche che psicologiche e includono abusi sessuali e discriminazioni verso le professioniste straniere. Le associazioni conducono ricerche aggiornate e sollecitano azioni più incisive dalla politica e dalla società per porre fine a questa piaga.
In Italia, la carenza di personale sanitario ha generato un aumento delle aggressioni del 38% negli ultimi cinque anni, causato anche dai lunghi tempi di attesa nei reparti di emergenza, dalla disorganizzazione e dalla carenza di dialogo tra personale e pazienti. I presidi di polizia negli ospedali, specialmente nelle ore notturne, non sono sufficienti. Le principali cause delle aggressioni negli ultimi 5 anni includono:
- +38% legato alla carenza di personale sanitario
- +24% dovuto ai tempi di attesa
- +23% causato da file lunghe e mancanza di comunicazione
- +5% per pregiudizi verso il personale del SSN
- +5% per risposte percepite come inadeguate.
In Europa, la carenza di professionisti ha aumentato del 36% le aggressioni contro i sanitari, mentre nel mondo si registra un aumento del 41%. A livello mondiale, il 75% dei sanitari dichiara di aver subito almeno un’aggressione, percentuale che in Italia è del 42% ma arriva fino al 95% nei paesi in guerra e in quelli con sistemi sanitari carenti. In Italia, negli ultimi tre anni, le violenze contro le professioniste sanitarie sono aumentate del 40%, colpendo il 72% delle donne in questo settore. Tra le professioniste straniere, il 35% ha subito discriminazioni, motivo per cui molte scelgono di trasferirsi in paesi come Germania, Svizzera e Regno Unito. A livello globale, l’84% delle vittime di violenza tra i professionisti sanitari è costituito da donne, di cui il 71% risulta a rischio suicidio.
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