Dallo scambio di conchiglie, alle prime monete metalliche, fino alle valute dematerializzate: la storia del denaro è lunga e articolata quanto quella dell’uomo. Nel nuovo millennio stiamo assistendo alla rivoluzione delle criptovalute, un vero e proprio universo tutto da scoprire.
La più conosciuta è Bitcoin, ma le cryptocurrency sono più di 2000 e si basano su un sistema ingegnoso e complesso, completamente indipendente dalle banche centrali e dagli altri enti finanziari di un qualsiasi Stato, gestito solo da privati che si avvalgono della crittografia digitale.
Hanno le stesse caratteristiche delle divise tradizionali, ma esistono solo nel mercato digitale: non risentono dell’economia più o meno in salute dei vari Paesi, non sono legate a tassi d’interesse e politiche monetarie e il loro valore è garantito dall’immutabilità di codici specifici.
Molto utilizzate sono Ripple, EOS, Stellar (XML), Ethereum e NEO, solo per citarne alcune, mentre il dominio della pioniera Bitcoin fu registrato nell’ormai lontano 2008, generando la prima transazione economica l’anno successivo.
Il boom delle criptovalute ha portato nello scorso decennio ad una capitalizzazione di ben 800 miliardi di dollari, ma ha subito poi una brusca battuta d’arresto nel 2018, attestandosi a 220, riconducibili quasi totalmente proprio a Bitcoin.
Il registro digitale a blocchi, il cosiddetto “blockchain”, è praticamente inviolabile: protegge e condivide in sicurezza i dati codificati, registrando le informazioni relative ad ogni criptovaluta esistente e organizzandole in ordine cronologico. In questo modo, vengono memorizzate tutte le transazioni e gestite le cinque tipologie di portafoglio digitale dei clienti: per desktop, per dispositivi mobili, per device online, per hardware o con supporto cartaceo.
La concatenazione delle unità costituite da sequenze numeriche collegate da specifici codici sorgente è organizzata in blocchi di bit: al possessore di un’unità viene quindi attribuita una serie di numeri corrispondente ad un indirizzo internet dal quale poter poi effettuare le transazioni. Ogni tentativo di utilizzo fraudolento delle unità di criptovaluta inibisce automaticamente i collegamenti tra i diversi blocchi della catena e degli speciali computer presenti in rete, detti “miners”, vegliano sulla correttezza delle operazioni e verificano la disponibilità effettiva dei fondi necessari a perfezionare le transazioni.
Non si può coniare o, come si dice in gergo, “minare” un numero illimitato di pezzi per ogni criptovaluta e più ci si avvicina al limite massimo, più sarà complessa la creazione di una nuova blockchain.
Il pericoloso rovescio della medaglia, non essendoci un’autorità di vigilanza che le controlli, è che vengano utilizzate nel mercato nero delle armi e in altre compravendite illegali, grazie al totale anonimato garantito dal sistema.
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