Trentaquattresima domenica del Tempo ordinario
Cristo Re
Anno A: CRISTO RE - AL VAGLIO DELL’AMORE
Ez 34,11-12.15-17
1 Cor 15,20-26.28
Mt 25,31-46
“Se analizziamo le attese che l'uomo contemporaneo ha nei confronti del sacerdote, si vedrà che, nel fondo, c'è in lui una sola, grande attesa: «Egli ha sete di Cristo». Il resto - ciò che serve sul piano economico, sociale, politico - lo può chiedere a tanti altri. Al sacerdote chiede Cristo! E da lui ha diritto di attenderselo innanzitutto mediante l'annuncio della Parola. I presbiteri - insegna il Concilio - «hanno come primo dovere quello di annunciare a tutti il Vangelo di Dio» (Presbyterorum ordinis, 4), Giovanni Paolo II, «Le attese profonde dell'uomo», in “Nel 50' del mio sacerdozio. Dono e mistero”, Ed Lev, 1996, p. 96.
In quest'ultima domenica dell'anno liturgico la Chiesa ci fa celebrare la solennità di Cristo Re dell'universo; questa ricorrenza potrebbe anche avere un altro nome, si potrebbe chiamare la festa di un universo servo, «schiavo» di Cristo. Tutto l'universo ha un unico Signore e Padrone ed è Gesù! Nell'universo gli uomini, come ci dice Giovanni Paolo Il nel libro scritto da lui in occasione del suo 50' di ordinazione sacerdotale, hanno una profonda sete, quella di Cristo. Talvolta questa sete così importante viene soddisfatta dall'umanità non con l'acqua fresca del Signore Gesù, ma con tante altre bevande inebrianti che si chiamano denaro, potere, successo, carriera... Queste bevande non solo non tolgono la sete, ma «drogano» l'uomo di oggi rendendolo incapace di arrivare alla sorgente dell'acqua viva. Le parole del salmo responsoriale che oggi viene proclamato sono molto chiare a riguardo: «Il Signore è il mio pastore / non manco di nulla / su pascoli erbosi mi fa riposare / ad acque tranquille mi conduce / Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino / per amore del suo nome» (Salmo 22). Le tragedie che oggi esistono nel mondo ci parlano di un mondo disperato: il grande problema della fame nel mondo, il grande genocidio perpetrato in diverse parti del mondo, la delinquenza che diventa “regola di vita” non possono che farci guardare all'umanità con sguardo compassionevole e pieno di affetto: povero uomo! Un uomo tormentato, solo e deluso che non ha più la forza di voler cambiare la propria condizione. Un essere estremamente combattuto tra il bene e il male, una creatura succube del male. Proprio questa umanità piena di polvere e sfinito oggi è chiamata ad alzare il proprio volto martoriato e pieno di lacrime. Coraggio! L'universo ha un Re, questo Re ci ama e proprio Lui ha nelle mani le sorti segrete del mondo, la sua Provvidenza guida gli eventi. Noi, che per grazia crediamo nel Signore Gesù, abbiamo infatti la certezza che la vittoria dell'amore è già in atto perché il Padre, sacrificando il Figlio, immacolata vittima di pace sull'altare della Croce, ha dato inizio alla realizzazione di un regno che non sarà mai completamente di questo mondo, ma da cui questo mondo non deve esserne escluso; regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace (Cf Prefazio). Egli chiama tutti noi oggi a riprendere coraggio, chiama tutti coloro che «sono intossicati» dal denaro, dal successo, dalla carriera a liberarsi da tutto questo per bere acqua fresca. Ancora oggi è possibile essere felici a patto di entrare nel più profondo di sé stessi e di «piantare il vessillo di Cristo Re», direbbe Sant'Ignazio di Lojola, nelle pieghe più nascoste della nostra anima. Solo affidandoci a Lui potremo cogliere il senso del vivere, solo incontrandoci con Lui potremo trasformare la nostra esistenza in una grande festa. Non è impossibile, si deve solo avere il coraggio di provare. Sarà molto duro... ma il successo è assicurato perché, come dice il ritornello del salmo odierno: «Tu mi conduci, Signore, nel regno della vita».
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