«Sono spartiti i camorristi, ma la mentalità di molta gente di questo posto non è cambiata. Ora la camorra è come una sposa. Se San Francesco aveva sposato la povertà, qui la criminalità è una donna alla continua ricerca di mariti». È un quadro genuino della periferia casertana, quello che dipinge don Carlo Aversano, uno dei sacerdoti di Casal di Principe che firmò il documento voluto da don Giuseppe Diana «Per amore del mio popolo», atto di accusa contro la camorra in un periodo in cui la resistenza al clan dei Casalesi partiva dalle parrocchie.
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Il documento scritto da don Diana (ucciso dal clan) ha compiuto trent'anni. All'epoca fu letto nelle parrocchie di don Peppe, don Carlo e di don Armando Broccoletti. E don Carlo (che di don Diana era il miglior amico, assieme ad Augusto di Meo) ha voluto che quella lettera domenica scorsa fosse letta di nuovo nella foranìa di Casal di Principe.
Servizio di Marilù Musto
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