Verrà effettuata oggi l'autopsia sul corpo di Baldassare Marino, il 67enne ucciso nelle campagne marsalesi a colpi di fucile, lo scorso sabato notte in contrada Samperi. Gli inquirenti pare abbiano pochi dubbi sulla matrice mafiosa del delitto, e il passato della vittima pare irrobustire l'ipotesi di un omicidio per mano di Cosa Nostra. Già sorvegliato speciale coinvolto in indagini sulla locale famiglia mafiosa, Baldassare, meglio noto come "Batassano occhi caddrusi" era stato arrestato e processato soltanto per fatti di droga.
Negli anni 90′, patteggiò una condanna ad un anno e 8 mesi di reclusione. Ad accusarlo era stato un pentito, mentre nel 1995, finì in manette per coltivazione di canapa indiana, ma fu poi assolto. Intanto, mentre gli inquirenti analizzano il passato dell'uomo, si scopre che un fratello di Baldassare Marino negli anni 70' fu eliminato con il sistema della «lupara bianca». "Batassano occhi caddrusi", socio di un'azienda di calcestruzzi, era solito recarsi in contrada Samperi, dove è stato freddato per dar da mangiare ai cani che si trovano all'interno del recinto della rimessa e officina per mezzi pesanti "EuroCar Diesel". I suoi killer probabilmente avevano spiato i movimenti dell'uomo e conoscevano le sue abitudini, e per il Marino non c'è stato scampo. A trovarlo senza vita, all'interno della sua macchina, una vecchia opel Astra bianca furgonata, con un piede fuori dall'abitacolo e le luci della vettura ancora accese, sono stati proprio i dipendenti dell'officina, che hanno dato subito l'allarme. Sul posto si sono recati i poliziotti del Commissariato marsalese, diretti da Piero Angelo Sciacca e Carmine Massarelli, e quelli della Squadra mobile di Trapani coordinati da Giovanni Leuci. Sul luogo anche il sostituto procuratore Antonella Trainito. Intanto ad interessarsi del caso è intervenuta anche la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Secondo primi accertamenti, rilevati dalla studio della scena del crimine, la vittima sarebbe scesa dall'auto e colpita una prima volta con un fucile caricato a pallettoni, come fanno pensare le diverse chiazze di sangue trovate sull'asfalto. Seppur gravemente ferito, l'uomo,nel tentativo disperato di fuggire e mettersi in salvo, è risalito sulla opel, ma è stato raggiunto da un'altra fucilata che ha frantumato il vetro del finestrino lato passeggero. Secondo i primi accertamenti del medico legale, dottor Casano, giunto sul posto, ad uccidere l'uomo è stato il colpo che l'ha raggiunto all'arteria femorale e sarebbe morto dopo pochi minuti per dissanguamento.
Intanto girano voci contrastanti sui tralci di vite trovati sul tetto dell'autovettura: in un primo momento si è parlato di messaggi in codice lasciato dai killer, mentre c'è chi afferma che sarebbe stato lo stesso Marino a posare quei rami sull'auto, rami che sarebbero serviti per dar da mangiare a delle pecora.
La pista mafiosa sembra attualmente quella più accreditata, ma gli inquirenti non escludono al momento nessuna pista. Sull'agguato ha detto la sua anche il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo del Pd Commissione Giustizia. «Quando Cosa nostra rompe il silenzio con un omicidio -- ha dichiarato Lumia -- vuol dire che l'organizzazione è in pieno fermento, che si sta riorganizzando per rideterminare nuovi equilibri di potere con l'economia e la politica. Ecco perché è necessario aumentare l'impegno e le risorse destinate alla lotta alla mafia. Inoltre, è indispensabile risolvere alla radice il problema dei tanti boss e uomini di Cosa nostra che in questi ultimi anni sono stati scarcerati e che rappresentano per Matteo Messina Denaro una risorsa straordinaria per rigenerare l'organizzazione e ricostruire le gerarchie criminali». Lumia torna, quindi, a chiedere a governo e parlamento l'aumento delle pene per tutti i delitti di mafia.
Intanto l'assassinio di Marino, porta alla mente un altro episodio simile, che si è verificato nel febbraio del 2012. La vittima, Francesco Gerardi, fu anche in quel caso freddato con due fucilate nei pressi dell'ex lido signorino dove si era recato per dar da mangiare ai suoi cani. Gerardi era stato arrestato nel 1993 (operazione «Lilybeo»), ma poi fu assolto dall'accusa di associazione mafiosa.
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