Ti presento un altro capolavoro di Caravaggio, la «Conversione di San Paolo», del 1602, nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.
Potrei intitolare quest’opera: «Dalle tenebre alla luce» per tracciare il percorso di Paolo di Tarso, una delle più straordinarie figure della storia. Affascina il modo con cui Cristo lo ha chiamato per renderlo suo apostolo. Subito dopo la morte di Cristo prese parte alle persecuzioni contro i cristiani. Citato negli Atti degli Apostoli tra coloro che assistettero alla lapidazione di Stefano. Con la sua influenza e autorità ottené l'autorizzazione ad arrestare e condurre a Gerusalemme gli adepti della nuova religione. Mentre era in viaggio verso Damasco ebbe una visione che lo portò alla sconvolgente conversione.
Il celebre dipinto realizzato del Merisi presenta il momento immediatamente successivo al miracolo. Paolo è a terra, appena caduto dal cavallo, in armatura da soldato, descritto nel libro degli Atti degli Apostoli «Sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore». Le sue braccia spalancate esprimono profondo stupore. La presenza del cavallo che occupa quasi l'intera scena è un'invenzione degli artisti, nel libro degli Atti non se ne parla, serve ad accentuare la drammaticità dell'evento. La redenzione di Paolo inizia nell’istante in cui egli perde il dominio del cavallo, il potere e viene disarcionato. La sua spada sulla sinistra è lontana e non può difenderlo. Anche il mantello tante volte gonfiato dal vento nel frenetico cavalcare dentro illusorie certezze, ora giace come svuotato, inutile cencio di un passato ormai cancellato. Chi stava in alto orgoglioso e ora a terra, la superbia è stata umiliata e l’uomo è in balia dell’animale, che potrebbe d’improvviso schiacciarlo sotto gli zoccoli. Da questa sconfitta inizia il cammino di redenzione di Paolo. Le braccia indicano accoglienza, annunciano quell’atteso, decisivo e definitivo abbraccio con la Luce che lo ha disarcionato.
Altro elemento inconsueto è il palafreniere, scalzo e con profonde rughe, attento a trattenere il cavallo e indifferente nei confronti dell’evento. Gli occhi di Paolo sono chiusi, folgorato dalla visione, rimarrà cieco per tre giorni, fino all'imposizione delle mani di Anania e all'apertura degli occhi con il battesimo. L’originalità della pala è sottolineata dalla quotidianità dell'evento, manca l'apparato che avrebbe dato enfasi e spettacolarità alla scena. Non vi sono elementi tipici di una visione soprannaturale. Nonostante ciò Paolo non è più lo stesso, anche se ancora è incapace di vedere la nuova realtà, il suo gesto di stupore lo sottolinea. La luce è simbolo della Grazia divina che irrompe nelle tenebre del peccato, rappresentate dal fondo scuro, che si presta anche a far risaltare i volumi plastici dei personaggi. La luce è anche metafora dell’esistenza nuova che per Paolo sta per iniziare, dopo un’esperienza avvolta nelle tenebre dove violenza, sospetto, tradimento, inganno e morte l’hanno fatta da padrone. Mirabile annotazione autobiografica dipinta della tormentata vita dell’artista stesso. Dio toglie il terreno sotto i piedi di Paolo perché questi caschi tra le sue braccia. Certe lezioni che la vita impone servono a ritrovare se stessi e per dare un senso alla propria storia. Certe eventi arrivano rompendo i vetri! Tuttavia non è questo il modo solito di agire di Dio che rispetta fino in fondo la tua libertà, non ti obbliga ad amarlo. Mi piace un immagine dell’Apocalisse che presenta Gesù, paziente e misericordioso, fermo alla porta del cuore, che bussa e chiede di entrare per poter fare cena con te. La medesima “Luce” che ha folgorato Paolo, irrompendo diretta dalla stessa tela, ti viene a cercare, chiamare, catturare, interrogare. Grazie per la tua attenzione cortese.
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