A due mesi dalla grande nevicata e dal terremoto, Castelli (Te) non si dà per vinta e con coraggio affronta una ripartenza, seppur lenta e faticosa, grazie alla forza dei propri abitanti e di tanta solidarietà non solo italiana ma giunta anche da un Paese estero, il Giappone. “Sono arrivato nel 1998 e Castelli faceva 1700-1800 abitanti, oggi siamo quasi in 1000 e nonostante i diversi terremoti che in quest’ultimi mesi ci hanno colpito non perdiamo la speranza di continuare a vivere. Tanta solidarietà è stata fatta, ecclesiale e non solo, come ad esempio il container donato dalla Caritas di Teramo” dichiara don Franco D’Angelo, parroco della località, che ci ha accompagnato per il comune di Castelli e dintorni, al fine di testimoniare ancora una volta la vita dopo il terremoto di uno dei borghi più belli d’Italia.
Muoversi per le strade collinari di Castelli in una domenica di marzo qualunque prima del 2009 significava farsi il segno della croce, sperando di non trovarle intasate dai tanti turisti che dall’Abruzzo e da tutte le parti d’Italia arrivavano per ammirare le bellezze paesaggistiche che la zona, ai piedi del maestoso Gran Sasso, offriva. Oggi, lo scenario è completamente diverso. Passeggiando nel centro storico del paese terremotato sembra di essere in uno di quei film dell’orrore di Christophe Gans, con case abbandonate e pericolanti, chiese chiuse, vicoli bui vietati al transito pedonale su cui una vegetazione morta sembra far da padrona. Il silenzio dominerebbe l’intero luogo se non fosse per la presenza di quei pochi castellani che non lasciano la propria terra. Castelli infatti non demorde, segni di speranza ci sono e don Franco racconta ai microfoni di Teramoweb che “le scuole sono agibili, dall’asilo alle scuole primarie e secondarie, tra cui il liceo di design e l’istituto d’arte, quest’ultimo a San Donato, sono aperte”, pur rammaricandosi per i pochi iscritti al nuovo anno scolastico nell’istituto artistico F.A. Grue. Infatti, se la speranza è l’ultima a morire, non si può non fare i conti con la realtà: la gente dopo il 18 gennaio è stata costretta, dalla furia della natura, a lasciare le proprie abitazioni pericolanti... (segue su L'araldo abruzzese num. 11/2017 del 26 marzo 2017)
servizio di Ilaria Muccetti
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