Questo intervento discute il problema del nazionalismo nell’Ungheria contemporanea dalla seconda metà dell’Ottocento al sistema post-liberale del primo ministro Viktor Orbán. Il filo conduttore della vicenda narrata è la peculiare funzione della memoria ferita del passato, incentrata sui traumi storici e le sconfitte militari, nella creazione di un’identità politica post-imperiale influenzata come in pochi altri casi europei (Russia, Serbia) dall’illusione di una grandezza rivendicata in nome di un passato glorioso. L’analisi ripercorre le illusioni, rivendicazioni, miopie politiche e le successive delusioni che hanno contraddistinto nell’ultimo secolo e mezzo l’approccio allo Stato-nazione e alla
modernità post-imperiale, all’europeizzazione socio-economica e alla rincorsa all’Occidente, all’idea dello statonazione moderno da parte delle classi dirigenti ungheresi di diverso orientamento politico. Il nazionalismo ungherese contemporaneo rispecchia la storia un paese ferito che, dopo la catastrofe della Prima guerra mondiale, ha rifiutato l’idea di abbandonare ambizioni egemoniche sulla regione danubiano-carpatica per trasformarsi in una piccola patria, e che dopo le trasformazioni del 1989 ha dissipato il prestigio internazionale accumulato durante il comunismo
“morbido” di Kádár per imbarcarsi in un ulteriore esperimento autoritario: il Sistema della Cooperazione Nazionale di Viktor Orbán.
Il seminario si colloca all’interno del ciclo di incontri “Da Belfast a Budapest: la lunga storia dei nazionalismi europei nell’età contemporanea” promosso dal Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali, dall’Istituto storico di Modena, dal Comitato per la storia e le memorie del Novecento e da Europe Direct Modena.
Organizzazione scientifica a cura di Lorenzo Bertucelli e Deborah Paci
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