Firenze, 09 aprile 2021
LECTURA DANTIS FIRENZE 2021 – ERMINIA ZAMPANO
Dalla “Divina Commedia” trascritta e miniata dal pittore fiorentino Attilio Razzolini nel 1902. In occasione delle celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri (1265 – 1321) dalla città che gli dette i natali, di cui disse: «... I' fui nato e cresciuto / sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa» (Inferno, XXIII, 94-95).
Paradiso, Canto XXII – Il grido emesso dagli spiriti contemplativi fa stupire Dante che si volge a Beatrice. Come una mamma che corre verso il figlio impaurito, così la celeste guida con profondo sentimento materno rincuora il poeta, ricordandogli che si trova in Paradiso, dove tutto è santo e tutto deriva dall’amore infinito di operare il bene. E aggiunge che se Dante avesse compreso il canto degli spiriti contemplanti, saprebbe che, prima della sua morte, si realizzerà la giustizia divina verso i prelati corrotti. Poi lo sollecita a rivolgere lo sguardo ai beati. Dante vede un’anima che risplende più delle altre. Nasce in lui un forte desiderio di parlare, ma non fa domande. Per l’amore di carità che anima i beati, la luce più splendente si avvicina e inizia a parlare. Lo spirito che si manifesta è quello di San Benedetto, fondatore della celebre Abbazia di Montecassino, modello di vita attiva e contemplativa. Il Santo non pronuncia il suo nome, ma rivela l’identità attraverso la sua opera sul monte che sovrasta Cassino, dove erano radicati i culti pagani, convertendo al cristianesimo anche le popolazioni dei villaggi della pianura circostante, che adoravano gli dei pagani. Poi San Benedetto nomina altri spiriti che si dedicarono alla contemplazione: Macario, Romualdo, fondatore dell’Eremo di Camaldoli, e i suoi monaci che non si lasciarono allettare dai beni mondani, perseverando nella santa contemplazione. Dante avverte un forte desiderio di vedere San Benedetto nel suo aspetto umano. Il Santo gli risponde che potrà soddisfare il suo desiderio nell’Empireo, dove arriva la scala degli spiriti contemplativi. Addolorato e con amarezza, San Benedetto lamenta che ora quella scala non è più salita dai suoi monaci, che non sono più fedeli alla sua Regola e le abbazie sono diventate spelonche di ladri e le tonache dei monaci si sono trasformate in sacchi di farina guasta. Purtroppo, continua San Benedetto, la natura umana è così fragile che i buoni propositi iniziali non sono mantenuti. Ma Dio soccorrerà la Sua Chiesa, decaduta e sofferente. Dopo queste parole di speranza e di conforto per Dante, il Santo si riunisce agli altri spiriti e con gioia sale veloce verso l’alto. Beatrice con un cenno spinge Dante dietro la schiera delle anime contemplative e rapidamente arrivano nell’ottavo cielo, il cielo delle Stelle Fisse, nella costellazione dei Gemelli, sotto la quale il poeta è nato. Dante invoca con affetto e dolcezza quelle Stelle affinché lo aiutino a descrivere la parte più sublime del Paradiso. Dante si sta avvicinando a Dio! Beatrice lo invita a guardare in basso il cammino fatto. Così dall’alto dei cieli il poeta contempla i sette pianeti fino alla Terra e sorride guardando quella piccola “aiuola che ci fa tanto feroci”. Dante si rivolge per l’ultima volta al lettore e si augura e spera di poter ritornare nella beatitudine eterna a quel trionfo di spiriti che pregano, per raggiungere il quale piange spesso i suoi peccati e si batte il petto in segno di penitenza. Poi il poeta s’immerge con lo sguardo nella luminosità, nella bellezza e nella beatitudine di Beatrice.
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