Nairobi (askanews) - La carcassa di un altro elefante nel parco nazionale di Tsavo, in Kenya.
Il governo schiera un maggior numero di ranger nelle aree protette ma i bracconieri rispondono con tecniche sempre più sofisticate. Come spiega Bryan Adkins, direttore regionale dell'organizzazione no profit Wildlife Works.
"Il commercio illegale attira sempre più denaro e purtroppo ciò consente l'utilizzo di una tecnologia sempre più evoluta. In Sudafrica i bracconieri impiegano elicotteri e visori notturni e adesso questi ultimi stanno facendo la loro comparsa anche qui".
Il bracconaggio però non è l'unico problema. Il suolo è stato devastato da pratiche di disboscamento forzato, anche con il fuoco, da contadini e produttori di carbone a legna in cerca di rapidi guadagni. Problemi inaspriti dal global warming.
Per venire incontro alle difficoltà un programma pilota di Wildlife Works, finanziato dall'Onu, sta cercando di ridurre i danni e di preservare le foreste. I contadini, infatti, possono monetizzare dei "crediti di anidride carbonica" difendendo e ripiantando gli alberi. Un'attività che sta dando da vivere a quasi 100mila kenioti in ambito rurale, finanziando anche nursery arboricole e programmi anti-bracconaggio.
In una regione pesantemente diseredata, il progetto permette a un individuo di guadagnare circa 270 dollari all'anno e di considerare quindi l'ambiente una risorsa economica diretta e personale da difendere. In un circolo virtuoso, una possibilità di guadagno sicura e sostenibile finirà anche per asciugare il bacino di reclutamento del bracconaggio. Dando così una mano anche agli elefanti.
(Immagini Afp)
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