PESARO -- In mezzo al caos non si perde d'animo. Anzi rilancia, compattando la struttura e i dipendenti. All'indomani dell'approvazione del disegno di legge costituzionale, in consiglio dei ministri, sulla soppressione delle Province, Matteo Ricci mantiene salda la rotta dell'amministrazione, confermando tutti gli impegni della giunta e dell'Ente. «Anzi, andremo avanti con maggiore convinzione», rassicura. Ma prima, con una nota di amarezza, commenta la vicenda: «E' una proposta demagogica -- osserva -- che rischia di creare un grande disordine istituzionale, accompagnato dall'aumento generale dei costi. Il disegno di legge costituzionale ha un iter lungo e non so quali saranno gli esiti. Di certo si è creata una confusione enorme...». Per il presidente, un conto è la riorganizzazione complessiva dello Stato, altra questione è «considerare la democrazia un costo». In proposito precisa: «Così non si risparmia nulla: se i dipendenti provinciali passano alla Regione, come viene prospettato, il costo del personale cresce del 20 per cento (600 milioni di euro in più per lo Stato, secondo lo studio Upi, ndr)». Altro nodo da sciogliere è il governo delle aree vaste, perchè «non si capisce a chi dovrà competere. Si parla di unioni di Comuni, città metropolitane, ma nessuno è in grado di fare chiarezza. Mi auguro che ci sia un ripensamento, perché così si scardina un sistema che è parte integrante della nostra storia. Le Province sono nate con l'unità d'Italia, esistono da quando c'è lo Stato. Se si vuole fare un dibattito serio sui costi, perché non si è portato avanti il disegno di legge sul dimezzamento dei parlamentari o non si interviene sui vitalizi?». Non solo: «Per il nostro territorio -- continua Ricci -, senza la Provincia si verificherebbe un impoverimento enorme. Significherebbe rafforzare ulteriormente la centralizzazione gestionale regionale. Già ora la Regione, per molti, è un Ente lontano. Immaginiamo cosa significa per un cittadino dell'entroterra andare a Ancona per qualsiasi cosa. I Comuni di una certa entità, che da noi sono solo Pesaro, Fano e Urbino, possono avere un rapporto diretto con la Regione. Ma quelli medio-piccoli come faranno?». Senza considerare che «il disegno di legge delega alle Regioni le competenze. Ma allo stesso tempo chiede di riorganizzarle. Non vorrei che alla fine della giostra ci si renda conto, ancora una volta, che l'ambito ottimale per la gestione dell'area vasta è la Provincia. Se tutto questo sconquasso serve solo a eliminare le giunte e i consigli provinciali non credo valga la candela. Anche perché, nel bilancio della Provincia, i costi della politica equivalgono solo all'uno per cento. Il risultato più evidente non è certo il risparmio, ma l'indebolimento democratico del territorio». Un dato appare certo: «Ormai le Province sono entrate nel tritacarne dei costi della politica, diventando l'agnello sacrificale, ma se si fa un dibattito serio sulla riorganizzazione dello Stato credo che questo disegno di legge dovrebbe essere decisamente modificato». Una strada, per Ricci sarebbe quella di confermare i tre livelli, Regioni, Province e Comuni, eliminando tutto quello che è in mezzo, «dagli Aato ai consorzi di bonifica», affidando le loro funzioni agli enti locali. «In più --ribadisce -, se si affrontasse seriamente la questione, si dovrebbe formare una commissione mista tra Parlamento, Regioni, Province e Comuni sulla riorganizzazione complessiva dello Stato. Ma sono discorsi che, con il meccanismo che si è creato, fanno fatica ad emergere». L'Upi ha annunciato la mobilitazione delle Province giovedì 15 settembre: «Ci saremo e cercheremo di fare valere le nostre ragioni».
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