Nell’infinità del mare i naviganti hanno imparato a orizzontarsi con le stelle, e la stella polare è diventata la metafora tipica del punto di riferimento: nell’infinito dell’invisibile per orizzontarsi c’è bisogno di una stella polare, una piccola luce in una posizione stabile che indica la direzione senza dover essere raggiunta. Ma se siamo nell’invisibile, da dove può venire la visibilità della stella?
Il problema più importante magari è forse come si riconosce la stella, per non finire su strade incongrue, ma questo nessuno lo sa, non c’è modo di avere sicurezza. La tradizione buddista dice: “sette strade portano in cima alla montagna, ma chi crede di essere su la strada, non è neanche sulla montagna”. Qui si consiglia in genere la strada che ha un cuore, che comunque per ognuno è una via diversa: detto in poche parole, si tratta di trovare un punto di luce che si possa amare, e si possa seguire con la forza di quell’amore. Una caratteristica dell’amore è la sua invisibilità: se ne vede gli effetti, ma l’amore non si vede veramente, piuttosto si intuisce, si sente, e questo richiede una particolare attenzione e una disponibilità ad accettare l’invisibile. Qualcosa che non si vede ma si intuisce assomiglia allo sbrilluccicare delle stelle, e l’amore si presta bene al ruolo di stella polare: importante è mantenere il contatto con il bilico fra certezza e dubbio, perché in caso contrario “non si è nemmeno sulla montagna”.
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