“Tra le riforme di struttura della Giustizia certamente c'è la separazione delle carriere; col codice di procedura penale, in vigore da trent’anni, c’è da meravigliarsi che non sia ancora avvenuta”. Lo afferma Alfredo Mantovano, magistrato, ex sottosegretario all’Interno, ospite del programma ‘Soul’ in onda su Tv2000 domenica 23 maggio ore 20.50 e martedì 25 alle 21 su InBlu2000.
"Il pubblico ministero non è più il filtro di giuridicità tra le indagini di polizia e il giudice, ma è colui che fa le indagini, che ne è parte a tutti gli effetti" sostiene Mantovano, attualmente vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino e presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che soffre. Altro problema, secondo Mantovano, "l’estrapolazione del giudizio disciplinare dal Csm, perché è inevitabile che se il giudice disciplinare viene eletto con criteri correntizi sindacali rischia di prevalere la logica del a chi appartiene questo, di volta in volta che uno viene disciplinarmente giudicato". Infine per l'ex sottosegretario è necessaria "una riforma seria delle modalità di accesso, oggi si valuta la preparazione con molta aleatorietà. Nel valutare un giudice non è importante soltanto verificare quello che sa - che peraltro è qualcosa che cambia in continuazione e quindi richiede un aggiornamento continuo- ma anche quello che è, in termini di equilibrio”.
Mantovano durante l’intervista affronta anche la questione del ddl Zan: “Nel libro ‘Legge omofobia perché non va’ noi spieghiamo che non esistono lacune da colmare, perché la norma di legge, e in particolare la norma penale, deve essere generale e astratta, nel senso che deve tendenzialmente prevedere tutte le opportunità. E' chiaro che quanto più scendi nel dettaglio, tanto più ne perdi qualcuna”.
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