Il missionario Comboniano Jonas Bekas, ricostruisce la dinamica dell'attacco il 28 maggio scorso nella parrocchia di Nostra Signora di Fatima, a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. La sua testimonianza raccolta sul posto, dipana molte ombre sulle diverse versioni dell'accaduto. Si sa, in ogni guerra, la prima vittima è la verità. Tutto nasce da una partita di calcio tra musulmani e non musulmani. Dal colpo di stato del marzo 2013, sembrava un momento propizio per far incontrare comunità aizzate l'una contro l'altra da burattinai stranieri, esperti nel seminare vuoti di potere e nel far scivolare i conflitti sul piano religioso per poi riappropriarsi del controllo delle risorse nelle ex colonie: diamanti, oro, uranio e petrolio nel caso del Centrafrica. La situazione era già tesa. Qualche giorno prima della partita, infatti, tre giovani di cultura araba, erano stati uccisi. Scatta la vendetta e la partita viene annullata perché potrebbe trasformarsi in arena di scontri. Dal quartiere arabo di Bangui, chiamato "chilometro 5", partono 200 uomini armati alla caccia di miliziani non musulmani chiamati antibalaka, ritenuti colpevoli del triplice omicidio. Lo scontro comincia davanti alla parrocchia retta dai Comboniani, che si trova proprio al confine con il quartiere arabo. Allora accoglieva 5mila sfollati.
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