Galimberti spiega l'etica del viandante
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Umberto Galimberti spiega l'Etica del Viandante
L’Occidente ha due radici:
il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana.
Un tempo dischiudevano orizzonti che, seppur completamente diversi, erano in grado di dare un senso a un mondo che si credeva dotato di ordine e stabilità.
Ma noi, almeno negli ultimi 50 anni, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, viviamo nell’età della tecnica (come aveva profetizzato l'allievo di Heiddegger, il filosofo Gunther Anders) , dove ciò che conta è solo il funzionamento, il come si fa una cosa, nel minor tempo possibile, secondo criteri di funzionalità ed efficienza, non per quali finalità e conseguenze.
Infatti la tecnica non tende a uno scopo, né apre scenari di salvezza, non svela la verità.
Per questo oggi viviamo senza più l’incanto tipico degli antichi, senza più nemmeno il disincanto dei moderni, che - soprattutto grazie alle scienza, all'Illuminismo, alla centralità dell'uomo - comunque ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine.
Dunque, quale etica possiamo darci?
L’unica etica possibile, ci ha raccontato ieri Umberto Galimberti al festival Rinascimento Culturale, è quella del viandante.
A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta.
Chi viaggia va veloce, ha in mente un obiettivo, una destinazione finale e ignora cosa c'è nel mezzo, è distratto e insensibile.
Il viandante non vuole trovare la casa, la patria, l’amore, la verità, la salvezza. Mentre cammina recupera le figure del paesaggio.
E così scopre la natura e ne ammira le leggi, scopre che non ci sono confini, scopre il vuoto della legge e il sonno della politica che nei suoi slogan e programmi non include l’unica condizione comune all’umanità: come l’Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono infatti uomini di frontiera.
Il percorso nomade del viandante non è però un errare senza regole. Piuttosto è un farsi carico dell’assenza di uno scopo.
Soprattutto l’etica del viandante si oppone all’etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello malato di civiltà che sfrutta la natura. L’umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro.
Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura.
Quello di Galimberti è un nuovo paradigma del pensiero, ancora tutto da strutturare (sebbene, ci ricorda lui stesso, esiste già un "antico" modello ideale, italiano, ed è il pensiero di San Francesco), perché l'uomo si è evoluto fisicamente, ma psichicamente è ancora molto immaturo.
Il suo ultimo saggio "Etica del viandante" (Feltrinelli), oltre a essere la summa del pensiero del più grande filosofo italiano, è insieme una indicazione preziosa in questi tempi sempre più complessi e presagio di una catastrofe.
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