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Senza alcun dubbio tra le questioni più spinose che i genitori separandi devono affrontare vi è quella del mantenimento dei figli.
Da una parte la madre, che generalmente è il genitore convivente con il figlio, rivendica un assegno in grado di coprire adeguatamente le tante spese da sostenere.
Dall’altra parte, il padre che si sente considerato come un bancomat per il fatto di dover corrispondere un assegno troppo elevato.
Perché succede questo? Quali sono le regole da applicare?
Lo scopriamo insieme in questo video!
Ciao sono Rita Rossi, avvocato matrimonialista e aiuto legalmente i genitori che si separano nel gestire al meglio le questioni da affrontare, comprese quelle economiche.
Oggi ci addentriamo in un argomento complicato che spesso genera conflittualità tra le parti.
Parliamo infatti del mantenimento dei figli, per capire se esistono regole chiare che vanno applicate in modo da assicurare un equilibrio tra chi dovrà versare l’assegno e chi lo riceverà.
Vediamo prima di tutto se l’assegno di mantenimento è sempre dovuto dal genitore non convivente con il figlio all’altro genitore.
Che l’assegno sia sempre dovuto non sta scritto nella legge. Infatti, la legge stabilisce le seguenti tre regole:
1. ciascun genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli;
2. i genitori possono concordare tra loro la misura e il modo con cui ciascuno provvederà al mantenimento della prole, purchè non si tratti di accordo contrario all’interesse dei figli. Per esempio, non è possibile fare un accordo che esonera uno dei due genitori dall’obbligo di mantenimento. Ma è possibile stabilire che in luogo del pagamento di somme di denaro venga intestata al figlio una quota della casa familiare o la nuda proprietà;
3. in mancanza di accordo, il giudice fissa la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento dei figli in misura proporzionale al loro reddito; “ove necessario”, dunque (ed è proprio questa l’espressione utilizzata dal legislatore), il giudice può stabilire la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità.
Questo assegno deve essere stabilito considerando:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore
6) l’assegnazione della casa familiare, considerato l'eventuale titolo di proprietà.
Ecco, abbiamo passato in rassegna le regole previste dal codice civile e a questo punto torniamo alla domanda iniziale che ci siamo posti: l’assegno di mantenimento è sempre dovuto dal genitore non convivente al genitore cosiddetto collocatario?
Dalle prime due regole ricaviamo che tutti e due i genitori devono provvedere al mantenimento ma ciò non significa che ciò debba avvenire sempre e comunque con la corresponsione di un assegno. È sempre possibile un accordo libero nello stabilire il modo con cui verrà assolto questo obbligo.
Dalla 3° regola ricaviamo, poi, che l’assegno può essere stabilito dal giudice ove si renda necessario. Dunque, l’assegno non deve essere previsto comunque e sempre, ma quando esso sia necessario ad equilibrare il peso economico di questo obbligo per i due genitori. Ecco perché si parla di assegno perequativo.
Se, dunque, per esempio, tra padre e madre sussiste una sensibile disparità di redditi, la previsione dell’assegno è probabile.
L’assegno va poi quantificato tenendo conto dei parametri visti sopra. E qui come si dice casca l’asino.
Infatti, come è facile notare, i parametri - esigenze del figlio, tempi di permanenza, risorse economiche dei due genitori, compiti domestici - non sono valori oggettivi, cioè certi, ma sono interpretabili. E questa è la ragione per la quale in non pochi casi l’ammontare dell’assegno scontenta l’uno o l’altro.
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A presto, ciao!
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Le regole sul mantenimento dei figli
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