A vent’anni di distanza dalla Nota pastorale «A proposito di magia e di demonologia» del 1994, i Vescovi toscani hanno sentito l’esigenza di ripresentare quel testo, corredandolo di alcune «indicazioni pastorali e norme», tenendo conto soprattutto – come si legge nella Premessa – della «situazione socio-culturale della nostra terra toscana».
I vescovi non si lanciano in analisi quantitative, non ci forniscono dati, ma si comprende la loro preoccupazione per un fenomeno in crescita. «Alto – scrivono nel testo –è il numero delle persone che si recano da maghi e chiromanti nell’intento di ottenere benefici di varia natura e guarigioni da malattie e sofferenze, ma, non di rado, anche per cercare di colpire e fare del male ad altre persone attraverso malefici». Ma il disagio esistenziale si manifesta anche in altre direzioni. «Vi è un numero considerevole di fedeli – si legge ancora nel documento dei vescovi toscani – che si reca da sacerdoti e, a volte, anche da laici, per chiedere di essere liberati da possessioni e infestazioni diaboliche di vario genere causate, a loro dire, da malefici e fatture». Di fronte a questa «domanda», osservano i vescovi, le risposte sono spesso sbagliate. Vi sono «alcuni sacerdoti, animati da buona volontà» che «si rendono disponibili» ad accogliere, ascoltare, benedire queste persone, e «a volte, anche ad esorcizzarle, in modo però non permesso, non uniforme e non coordinato». Vi sono poi «fedeli laici che guidano preghiere di liberazione aventi la presunzione di assimilarsi a veri e propri esorcismi, con tanto di imposizione delle mani e benedizioni».
Fin qui la «denuncia», il «richiamo» a sacerdoti e fedeli. Ma il testo vuol andare oltre e ricorda che la Chiesa è chiamata «ad accogliere le persone che chiedono di essere liberate e guarite dal maligno o dai suoi lacci, perché sono sempre persone bisognose di aiuto». Quindi i vescovi toscani indicano in quattro verbi il tipo di risposta che la Chiesa dovrebbe fornire: «annunciare» il Vangelo, «benedire» nell’ambito dell’azione sacramentale, «liberare» gli oppressi «attraverso la forza salvifica di Gesù» e infine «vigilare sul sentimento religioso e sulle pratiche con cui i fedeli esprimono la loro fede cristiana per evitare errori e deviazioni nei confronti della fede autentica e genuina».
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