LAMEZIA TERME. "Tutto quello che ruota attorno agli Iannazzo non mi è mai appartenuto. La mia famiglia ha pagato già un prezzo altissimo per la morte di mio padre, ho fatto condannare chi ha trafugato la sua tomba e ho collaborato con le forze dell’ordine. Non ho mai pagato il pizzo, sono stato una vittima della 'ndrangheta e non colluso”. Questo lo sfogo dell’imprenditore lametino Franco Perri in una conferenza stampa a Lamezia Terme dopo l’operazione “Nettuno” dei giorni scorsi, che ha portato al sequestro di beni per oltre 500 milioni di euro a soggetti che facevano riferimento alla cosca Iannazzo. Perri era affiancato dai suoi legali Francesco Pagliuso e Salvatore Staiano. “La mia famiglia non è mai stata aiutata o favorita da nessuno. Nè imprenditori, né cosiddetti amici, né associazione antiracket” e mi hanno peraltro bloccato l’ingresso in Confindustria: "Abbiamo rischiato il baratro – prosegue – ma non ci siamo arresi e siamo stati bravi a lavorare per risalire, gli utili sono stati reinvestiti nell’azienda e non mi sono arricchito di nulla”. “Il tema dell’accusa a carico di Perri nasce solo dalle dichiarazioni di due collaboratori – precisa il legale Pagliuso – non c’è altro che militi a carico di Franco Perri”. Non esistono invece intercettazioni, Ed egli è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e non per il 416 bis. I legali precisano poi “l’assenza di flussi economici a favore della famiglia Iannazzo e appalti invece conferiti ad aziende che hanno denunciato gli Iannazzo stessi.
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