Il 19 luglio del 1992 è un giorno che l’Italia non dimentica e non dovrà mai dimenticare. Morì Paolo Borsellino, ad appena 52 anni, e con lui gli uomini della scorta. Erano passati solo 57 giorni dalla morte, sempre in un attentato di matrice mafiosa, di Giovanni Falcone, amico e collega del giudice nella lotta a Cosa Nostra. Se della strage di Capaci si conoscono dinamica e mandanti, su quella di via D’Amelio restano molti misteri dovuti anche a depistaggi, parola utilizzata dai magistrati che ancora indagano su quegli eventi. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: “A ventisei anni di distanza sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. Borsellino era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato. Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata”. Paolo Borsellino prima di morire aveva detto: «Mi uccideranno, forse saranno mafiosi a farlo materialmente, ma altri avranno voluto la mia morte».
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