CERCARE GESU' NELLA CROCE DI OGNI GIORNO PER GUSTARE LA VITA CHE NON SI CORROMPE
Ecco un altro lunedì e ci accade come alla "folla" che aveva appena goduto della moltiplicazione dei pani e di Gesù: "abbiamo mangiato, ci siamo saziati" e ci è sembrato il Paradiso! E sì che lo era, lì, seduti finalmente, riposando da tanti inutili sforzi. Qualcuno ci aveva sfamato, di più, "saziato", ma ora sentiamo che anche quella sovrabbondanza non ci basta, tremiamo al pensiero della settimana che ci attende, le relazioni, gli impegni, la famiglia, il lavoro, la salute. Ma come è possibile digerire così in fretta i miracoli di Gesù? Sembra che non siano neanche passati al nostro cuore e alla nostra mente nutrendoli almeno per qualche giorno di autonomia... E' possibile eccome, perché nel profondo siamo avidi e avari insaziabili, che, per San Paolo, è sinonimo di idolatria. Abbiamo fatto immediatamente un idolo di "quei pani" e di Colui che ce li aveva dati. E' successo che "non abbiamo seguito il Signore perché abbiamo visto i segni" ma per riempire la pancia, e siamo rimasti schiacciati nella folla anonima, confusi nei pensieri e nei desideri mondani, perdendo la nostra identità. Sì, anche i doni di Dio possono corrompersi e corromperci; è Gesù che lo dice, riferendosi ai "pani" che Lui stesso aveva moltiplicato e distribuito. I segni non sono il senso della nostra vita, indicano il cammino per scoprirlo e accoglierlo. Fare del matrimonio, dei figli, dell'essere prete, della missione, degli amici, del fidanzato, dello studio, del lavoro, il fine e il centro della nostra vita, significa strumentalizzare e pervertire le opere di Dio. Significa idolatrare un segno a scapito del significato. Infatti, come la "folla", anche noi chiediamo sempre "quando" e mai "perché?". Non ci interessa capire ma sapere, perché viviamo come in un immenso gossip, fermandoci sulla foto, la chiacchiera bisbigliata, il post sul "social". Approfondire, mai. Invece di chiedere "quando" per curiosità, avrebbero dovuto chiedere: "Signore perché te ne sei andato? Sapevi che avremmo avuto di nuovo fame, per caso ci stai dicendo qualcosa?". Gesù, infatti, non si ferma mai dopo un miracolo, ma parte, si nasconde perché non lo "facciano re", sfugge all'idolatria, va in un altra città, perché tutta la sua vita è una profezia del cammino di ogni cristiano. I suoi gesti annunciano il più in là dove ci chiama a seguirlo. Anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci, pur saziando la fame di quel momento, era un tiro di fionda puntato sul Cielo.
I "segni" che Dio depone nella nostra vita sono il suo profumo sparso per indicarci la via da seguire, un assaggio del banchetto che ci ha preparato. Ma, insipienti e stolti come siamo, vorremmo fermarci agli aperitivi e agli antipasti; ingordi ci abbuffiamo di tartine e non abbiamo più spazio per i primi, i secondi, i dessert. Ci fermiamo sulla soglia del Cielo confondendolo con qualche millimetro di terra. I miracoli con cui il Signore moltiplica la nostra vita sono solo la porta a qualcosa di infinitamente più grande che è l'incontro decisivo con Cristo. E' Lui il cibo che non perisce, è Lui il nostro desiderio più profondo. E' Lui la "via" alla "verità" che genera in noi la "vita". Per questo oggi ci invita a "procurarci il cibo che non si corrompe". Ma se non è il miracolo che fa presente il suo potere soprannaturale, qual'è questo cibo incorruttibile? E' Lui, il pane che sazia la vita di ogni uomo. E come posso "procurarmelo"? Cercando Gesù con un cuore purificato. Accettando che Lui non è dove io credo debba stare, e quindi accettando di camminare dietro a Lui, uscendo ogni istante da me stesso, per trovarlo nella Pasqua, nel passaggio che strappa la nostra vita alla corruzione; in un cammino di ogni giorno sulle strade della conversione verso una fede adulta. Per questo, come ha fatto con i discepoli lasciandoli entrare da soli nella notte e delle difficoltà, non si lascia afferrare dal nostro cuore idolatrico, e, lasciandoci sempre di nuovo affamati del cibo che sazia il ventre, ci obbliga a scoprire che la nostra fame autentica è quella di essere in Lui come Lui, l'ardente bisogno di donarsi e non di offrire a noi stessi la vita, le persone e le cose. Lui va oltre per introdurci nell'al di là che ci attende nella storia e nelle persone, nel compimento vero della nostra vita, che è trascenderci, donarci a chi ci è accanto uscendo da noi stessi. Di questo sono stati "segno" i pani che ci ha donato moltiplicati. Noi trasformati in pane che sazia, nello stesso alimento incorruttibile di cui ci nutriamo, Cristo, e del suo amore più forte della morte e della paura. Amare come siamo amati è l'unico cibo capace di sfamarci e realizzarci. Come Lui e con Lui sempre più in là, a Cafarnao, e poi ovunque e per chiunque abbia fame di Lui. Il "cibo che non perisce", dunque, è quel
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