OSTUNI - Colpi di tosse per seminare il panico. Nel clima da psicosi da coronavirus, i rapinatori avevano escogitato un insolito diversivo per creare scompiglio all’interno della banca. Ha del grottesco il modus operandi utilizzato dal sodalizio dedito alle rapine sgominato venerdì 15 maggio attraverso l’operazione “Cani sciolti”, condotta dai carabinieri del Norm della compagnia di San Vito dei Normanni al comando del capitato Antonio Corvino e del tenente Alberto Bruno.
L’inchiesta dei militari, coordinati dal pm del Tribunale di Brindisi, Paola Palumbo, ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di Giuseppe Santoro, 28 anni, di Ostuni, Mariano Barnaba, 28 anni, di Ostuni, Francesco Tanzariello, 57 anni, di Ostuni (custodia cautelare in carcere per tutti e tre), Margerita Borsellino, 57 anni, di Ostuni, Francesco Barnaba, 60 anni, di Ostuni, Gennaro Cantore, 49 anni, di Ostuni, Rocco Suma, 35 anni, di Ceglie Messapica, Oronzo Milone, 28 anni, di Ostuni (tutti e cinque ai domiciliari). Vi sono inoltre due persone denunciate a piede libero. Francesco e Mariano Barnaba (rispettivamente padre e figlio), Santoro, Tanzariello, Borsellino e Milone devono rispondere del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione delle rapine, con l’utilizzo di armi e auto rubate.
La rapina alla Banca Sella
Le indagini hanno avuto inizio il 5 marzo 2020, con l’assalto armato ai danni della Banca Sella situata a San Michele Salentino. E’ in quella circostanza che uno dei rapinatori, appena entrato in filiale, “ha iniziato a tossire – si legge nell’ordinanza firmata dal gip Stefania De Angelis– sfruttando la paura dei presenti per la contingente emergenza sanitaria da Covid-19”. Tale tecnica, da quanto ricostruito dagli inquirenti tramite le intercettazioni telefoniche e ambientali, sarebbe stata indicata da Mariano Barnaba anche per ulteriori, future, rapine. Un testimone riferì infatti che un rapinatore entrò nella bussola, si coprì il volto, forse con una sciarpa, e iniziò a tossire.
Da quanto ricostruito dai militari, quella rapina venne perpetrata da due uomini che dopo aver prelevato dalle casse la somma di 1.860 euro e appena 20 euro dalla borsa di una donna, fuggirono prima a piedi e poi alla guida di una Fiat Panda di colore nero rubata a Castellana Grotte (Bari), che poche ore dopo fu ritrovata dai carabinieri della compagnia di Fasano in contrada Parco Monsignore, nell’agro di Ostuni. Da qui gli autori della rapina avrebbero proseguito la fuga a bordo di una Jeep Renegade grigia lasciata su una strada interponderale. Il mezzo, la cui presenza era stata notata da un cittadino mentre a bordo si trovavano due individui con i volti coperti da una visiera e da occhiali da sole, risultava intestato a una società di noleggio ed era stato noleggiato dalla società di Margherita Borsellino, con contratto a nome del marito, Francesco Barnaba. Dalla scheda di noleggio acquisita dai carabinieri, si è accertato che il fuori strada era in uso a Mariano Barnaba, figlio della coppia.
Dopo questa scoperta, iniziano le intercettazioni. In una serie di conversazioni captate dagli inquirenti, gli indagati parlano della necessità di non ripetere “lo stesso errore operativo e strategico commesso nella rapina alla Banca Sella, che, nonostante la pericolosità dell’azione, fruttò un bottino di appena 1.880 euro”.
L’assalto a un portavalori e un poliziotto “da spaventare”
I carabinieri intercettano inoltre dei dialoghi in cui si parla della pianificazione di altri colpi, fra cui, stando alle ipotesi investigative, un assalto a un portavalori nella frazione di Montalbano, Comune di Fasano, in vista del quale “si comprende che Francesco Tanzariello ha eseguito, autonomamente – si legge nell’ordinanza – sopralluoghi per studiare gli spostamenti de furgone, insieme ad Oronzo Milone”.
Ma le intenzioni della banda trovano un grosso ostacolo negli imponenti servizi di controllo del territorio effettuati dalle forze dell’ordine nell’ambito dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia.
E' in questo contesto che qualche giorno dopo, lo stesso Mariano Barnaba, conversando con una persona incontrata in strada, si lamenta dell’operato del commissariato di polizia di Ostuni, facendo riferimento, in particolare, a un poliziotto che negli ultimi periodi aveva intensificato le perquisizioni nei confronti di alcuni pusher locali “e che negli anni addietro – si legge nell’ordinanza – era già stato avvertito”.
La pianificazione di rapine e atti intimidatori comporta, necessariamente, l’utilizzo di armi. Stando alle risultanze investigative, il sodalizio aveva nella propria disponibilità una pistola modello modello 357 “Taurus", un kalashnikov e munizioni. Emblematico è il fatto che Mariano e Francesco Barnaba discutano di armi e dei loro prezzi.
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