Dalla profonda voce di Alessandro Quasimodo, siamo accompagnati in questa bellissima poesia, quanto triste, del padre Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura.
Nei versi, intrisi di tristezza, solitudine e malinconia, il famoso poeta siciliano riflette sulla sua vita, sulle sue amicizie, concludendo amaramente di ritrovarsi solo: senza nessuno con cui confidarsi, senza una spalla su cui piangere.
Dalla sua riflessione interiore, il poeta si riscopre povero fanciullo, che ha paura di morire. Ma la morte lo chiama per liberarlo da tutte le cose della vita, che hanno a loro volta un "cuore di tristezza".
Ecco, di seguito, i versi:
"Io sono forse un fanciullo
che ha paura dei morti,
ma che la morte chiama
perché lo sciolga da tutte le creature:
i bambini, l'albero, gli insetti;
da ogni cosa che ha cuore di tristezza.
Perché non ha più doni
e le strade son buie,
e più non c'è nessuno
che sappia farlo piangere
vicino a te, Signore".
L'incontro con l'attore, autore e regista di teatro Alessandro Quasimodo è stato uno degli appuntamenti del festival "Il Federiciano" 2014, realizzato dalla Aletti Editore con il Patrocinio del Comune di Rocca Imperiale.
Per la Giornata mondiale del Teatro: 27 marzo 2017.
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