La filosofia di Marcello Trentini è “sovvertire” il suo territorio. Diplomato alle belle arti con una tesi sul barocco piemontese, è da sempre un cultore di Torino, riuscendo però a cogliere ed abbracciare la trasformazione della sua metropoli a 360 gradi. A febbraio del 2003 apre il Magorabin, dopo soli cinque anni entra a far parte dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, e da lì una scalata veloce alla stella Michelin nel 2012. Ama la cucina piemontese, ma quella dei giorni nostri contaminata da mille culture diverse: dieci anni fa l’immigrazione del Sud Italia oggi del Marocco, Cina Africa e Sud America. È il “chilometro zero a livello globale”, è “una stagionalità che non può prescindere dai confini geografici” sostiene lo chef. Tutto questo però, partendo dalla base, ovvero dal territorio e dalla rivisitazione dei classici della tradizione, come l’interpretazione del vitello tonnato, sempre in carta e da cui deriva il fil rouge della sua cucina e da cui è nato il suo libro Il Pescecarne. La sua idea è mescolare dentro lo stesso menù, anche dentro lo stesso piatto, ingredienti e tecniche di diverse origini. Lo chef chiama la contaminazione di queste diverse tradizioni “cucina torinese contemporanea” pur proponendo i piatti classici piemontesi.
Quindi si parte dal vitello tonnato si arriva al pescecarne, ma non ci si ferma alle novità e ai nuovi abbinamenti affrontando i cambiamenti come un’opportunità e con un attenzione positiva, che è il sale di quel grande fenomeno che è l’evolversi della cucina. Fino ad arrivare a oggi in cui anche il peperone con la bagna cauda , può essere scomposto in un gelato al peperone con polvere di acciughe e tartufo. Si gioca con le temperature con i freddo e il caldo cercando di innescare i ricordi dell’infanzia del commensale, rifacendosi al pensiero proustiano.
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