Una stagione luminosa ☀
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Nell’opera di Gluck sul mito eterno d’Orfeo, quando al Cantore si schiude il mondo dei beati e la visione dei Campi Elisi, l’estasi di quel paesaggio di bellezza lo porta a esprimere la propria meraviglia con queste parole: «Che puro ciel, che chiaro sol, che nuova serena luce è questa mai?». Sono i suoni dell’orchestra che descrivono quell’incanto, un palpito di vita che esprime l’armonia della natura, la «dolce lusinghiera armonia» che formano insieme le acque, i venti, le voci degli animali, il fremito della vegetazione. È la concordia nelle differenze che la musica sa creare e che per questo rappresenta una delle più alte conquiste dell’animo umano.
L’orchestra è l’interprete di un ideale che le viene consegnato dal compositore. È un sogno di armonia che, nel mito d’Orfeo, arma l’uomo di una forza spirituale in grado di andare oltre la morte. Il canto d’Orfeo scioglie il muro implacabile delle furie che non vogliono fargli passare quell’invalicabile confine. L’unica arma a sua disposizione per combattere la morte è la musica e la sua arte gli darà la vittoria.
La «dolce, lusinghiera armonia» che rivela a Orfeo la bellezza della vita è l’idea che muove questa nostra Stagione. La forza interiore della musica può indicarci la strada per armonizzare i nostri conflitti e soffocare l’odio con l’abbraccio tenero dei suoni. Il suo respiro universale può contrastare la nostra sciagurata tendenza ad agire contro la natura e insegnarci a difenderla e amarla con gratitudine.
Uno degli autori che abbiamo eletto a simbolo di questa speranza nella musica è Jean Sibelius, compositore che ha fatto risuonare nelle sue sinfonie l’immensità dei paesaggi nordici in cui era immerso. Con la Terza e la Sesta Sinfonia Jonathan Webb avvia un percorso che ci porterà nelle prossime stagioni a completare l’integrale sinfonica di questo musicista ancora così poco familiare al pubblico italiano. Le «Luci del nord» del Concerto del lèttone Peteris Vasks si coniugano perfettamente con gli splendori sonori della Finlandia di Sibelius, così come la freschezza alpina della Prima Serenata di Brahms o quella voce del corno che, come chiamandoci da una foresta lontana, avvia l’incantesimo del suo Secondo Concerto per pianoforte.
Ciascun appuntamento della Stagione fa appello al medesimo stupore di Orfeo. I venti turbinosi delle Boréades di Rameau, i canti d’uccelli nell’affettuosa rivisitazione barocca di Respighi, le onde del mare sulle scogliere delle Ebridi di Mendelssohn o la corrente del River di Duke Ellington.
Per arrivare infine all’emozione di ascoltare insieme proprio quel «puro ciel» e quel «chiaro sol» nell’esecuzione in forma di concerto del capolavoro di Gluck, che ci insegna «come l’uom s’etterna» quando attingiamo alla forza della musica.
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