'Te kthehesh ne shtepi pas 73 vitesh'
Emisioni satirik Italian "Le iene" ,edhe pse mes peripecive dhe tentativave te autoriteteve te greke per ti penguar, ndihmojne te moshuarin Shqiptare qe te shkoje mbase per here te fundit ne vendlindjen e tij ne Çameri. Gjithashtu gazetari ben nje pershkrim te shkurter rreth ceshtjes Çame dhe rreth absurditetit Grek per te mos lejuar banoret autokton te kesaj zone te rikthehen ne vendlindjen e tyre.
Ja vlen per tu shikuar dhe shperndare ...
La regione storica della Çamëria (scritto anche Chameria, Chamuria, Chamouria, Tsiamouria, Ciamuria) si estende dal fiume Pavla, vicino alla frontiera tra l’Albania e la Grecia, a nord, fino a Prevesa, sul Golfo dell’Ambracia, che nel 19° secolo segnava il confine tra la Grecia e l’Impero Ottomano.
È una regione prevalentemente collinare, di cui una piccola parte si trova in Albania, con Konispol come capoluogo, e il resto nel territorio della Repubblica Greca, coincidendo grosso modo con i confini dell’odierna prefettura della Tesprozia.
L’etnonimo çam si usa oggi per definire quegli albanesi della Çamëria (in greco Tsamides), di origine mussulmana, i quali alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1944-1945), in seguito ai massacri perpetrati ai loro danni dalle forze nazionaliste dell’EDES greco sotto Napoleon Zervas (1891-1957), sono stati espulsi dalle loro case e costretti a rifugiarsi in Albania.
Stato di Guerra tra Grecia e Albania
Un derivato della questione çam è l’esistenza, paradossale, dello stato di guerra tra Grecia e Albania, proclamato all’indomani dell’invasione italiana in Grecia e mai revocato dal parlamento greco (ovviamente non esiste nessuna situazione del genere tra Grecia e Italia).
L’Albania fu considerata paese aggressore, sebbene fosse stata, nel 1940, occupata militarmente e annessa al Regno d’Italia (ufficialmente Regno d’Italia e d’Albania) e, soprattutto, non fosse più soggetto del diritto internazionale, quindi la dichiarazione di guerra del governo fantoccio di Tirana è chiaramente nullo dal punto di vista giuridico; in effetti, il governo collaborazionista albanese durante la Seconda Guerra Mondiale dichiarò guerra a tutti i paesi ai quali l’Italia fascista aveva dichiarato guerra; nella Conferenza di Pace di Parigi nessun altro paese sollevò pretese riguardo a questo atto, in quanto giuridicamente nullo.
Dopo la svolta in Albania nel 1996 fu firmato un Trattato di Amicizia e di Collaborazione tra i due paesi, il quale, ovviamente, esclude ogni sorta di problema tra i firmatari. Nel 2008 infine, l’Albania diventa membro a pieno titolo della NATO, fatto impensabile se esistesse un effettivo stato di guerra tra i due paesi.
Il Ministero degli Esteri albanese si è rivolto poco tempo addietro alla controparte greca, chiedendo se fosse ancora in vigore il decreto regio sullo stato di guerra con l’Albania e la relativa confisca dei beni dei cittadini albanesi che ne derivava.
La risposta greca è stata affermativa. Per revocare il decreto regio del 1940 è necessaria una decisione del Parlamento greco, decisione che dagli anni ’80 non viene mai messa all’ordine del giorno, in quanto ritenuta non necessaria, visto l’accordo di amicizia e cooperazione che lo renderebbe nullo, la cancellazione/sospensione del decreto regio in questione da parte del governo, gli ottimi rapporti tra i due paesi ecc. Tale legge ancora in vigore è l’ostacolo principale per la restituzione delle proprietà ai legittimi proprietari çam o ai loro eredi e per il rientro nel paese d’origine di chi scegliesse tale opzione.
Dell’assurdità della situazione si rendono conto in molti. Sottovoce o a microfoni spenti i diplomatici greci ammettono il paradosso, giustificandolo però con ragioni economiche: una volta abrogata la legge di guerra dal parlamento decadrebbe l’ostacolo formale alle domande di risarcimento o restituzione dei beni immobili; risarcire i legittimi proprietari con gli interessi maturati nel frattempo è un onere che eccede di gran lunga le disponibilità delle disastrate finanze greche.
In più si creerebbe un precedente per i macedoni dell’Egeo, espulsi alla fine della Guerra Civile in Grecia (in quanto slavi e influenzati da Jugoslavia e Bulgaria, quindi etnicamente e ideologicamente inaffidabili), le cui richieste di risarcimento supererebbero di gran lunga le pretese della comunità çam. Inoltre si continua a negare l’esistenza di una minoranza albanese, o per lo meno albanofona in Grecia, pur vivendo nella prefettura di Tesprozia una nutrita comunità albanofona di religione ortodossa, diversa dagli arvanites, che parla la varietà çam dell’albanese e non è
riconosciuta come minoranza linguistica o nazionale.
Questo fatto lo hanno potuto costatare di persona, durante un viaggio recente in Çamëria della trasmissione Le Iene su Italia 1 che hanno realizzato un servizio di oltre dieci minuti dal titolo “Ritornare a casa dopo 73 anni: l’incredibile storia degli esuli che dal 1945 non possono tornare a casa”
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