L'entrata in funzione del Mose, con il primo sollevamento delle paratoie che è avvenuto il 3 ottobre del 2020, sta permettendo a Venezia di restare all'asciutto durante gli eventi di alta marea, ma la probabilità che nell'immediato futuro l'opera debba essere azionata sempre più spesso rischia di avere un impatto negativo sull'ecosistema lagunare e in particolare sulle barene, le strutture morfologiche più caratteristiche dell'area e dotate di un'importante valenza ambientale.
Uno studio realizzato da un team di ricercatori dell’università di Padova e pubblicato su Nature Geoscience ha infatti evidenziato che l'apporto di sedimenti che garantisce la sopravvivenza delle barene avviene infatti principalmente durante gli eventi di alta marea.
Insieme ad Andrea D'Alpaos, professore del dipartimento di Geoscienze, Luca Carniello, professore del dipartimento Icea e Davide Tognin, che ha condotto la ricerca durante il suo dottorato all’università di Padova abbiamo approfondito i risultati dello studio e le prospettive che apre. Il lavoro, intitolato Marsh resilience to sea-level rise reduced by storm-surge barriers in the Venice Lagoon e firmato anche da Marco Marani, direttore del CIMoLa, implica infatti anche la necessità di una riflessione sugli scenari di innalzamento del livello medio del mare che si traducono nella concreta possibilità che il numero delle chiusure e i tempi di chiusura delle barriere del Mose aumentino in modo drammatico.
Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar
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