Calabria 1180. Un monaco templare, dimesso da un ospedale militare lungo la costa calabrese, intraprende il viaggio per tornare in Toscana. Ha combattuto in Terra Santa ed è rimasto scosso dalla violenza e dal sangue. Lungo il viaggio parla con uno spaventapasseri, con un asino e attacca un gregge di pecore scambiandole per nemici.
E' inverno e attraversa montagne innevate e avvolte dalla nebbia dove incontra carbonai, pastori e donne che lo guardano con curiosità e compassione. La mentalità religiosa dei montanari è diversa dalla sua. Gli uomini lottano contro le avversità della natura, chiedono aiuto ai santi e alla Madonna solo per risolvere problemi materiali e non sanno fare neanche il segno della croce.
Il cavaliere templare cammina e alla fine della giornata giunge in una casupola dove vive un anziano pastore che gli offre ospitalità per la notte. Il crociato, racconta al vecchio la sua storia e di avere incontrato in Palestina maestri da cui aveva appreso che in un tempo remoto, l'anima, venuta a contatto con la materia, era stata sopraffatta da essa, era caduta nelle tenebre ed era diventata schiava del male. Cristo, scendendo sulla terra, aveva svelato ad alcuni uomini la sapienza per liberarsi dei loro corpi e farli ritornare alla loro origine divina.
Un uomo non si salva perché compie opere buone o perché ha fede, ma perché conosce la verità e il primo passo per conoscere la verità è conoscere se stessi, poiché solo la conoscenza di se è l'inizio della perfezione e della luce. Gli uomini sono composti da elementi contrari e la loro perfezione è tale solo se si arriverà alla fusione di essi. Quando gli opposti staranno insieme in concordia, quando saranno una cosa sola, allora non ci saranno più segreti da scoprire e saremo diventati maestri perfetti.
Il vecchio pastore sembra non comprendere le rivelazioni del monaco crociato ma lo ascolta attentamente mentre prepara la cagliata e la ricotta. Poi, quando il cavaliere stremato dalla fatica e dal freddo riposa sul letto, esprime le sue idee sulla felicità degli uomini. Parlando come se conoscesse la filosofia di Epicureo, ricorda al crociato che gli uomini vogliono troppo e per questo sono sempre in viaggio, ma camminano per poter poi riposare. Sono sempre preoccupati di diventare dei santi perché hanno paura della morte, ma quando sono vivi non la possono conoscere e quando la conoscono non ci sono più. Avere da mangiare, da bere e panni pesanti per coprirsi dal freddo d'inverno, questa era la vera letizia.
Quello del cavaliere crociato e del vecchio pastore sono due pensieri che non si incontrano. Il cavaliere vuole la gioia spirituale e il pastore quella terrena, l'uno è un maestro perfetto della fede, l'altro è un maestro perfetto dell'esistenza. I due si avvicinano solo sull'amicizia e la solidarietà umana. Il pastore vedendo il cavaliere tremante per i brividi della febbre, lo copre con una coperta e gli dà la quiete poggiandogli la mano sulla fronte.
Pecore, capre e cani hanno ascoltato il pastore e il crociato mentre discutevano del destino e dell'onnipotenza degli uomini ma il mondo della natura segue il suo corso anche senza di loro. Di notte, nell'ovile, mentre lontano si sentono gli ululati dei lupi, nascono i capretti che il giorno dopo corrono felici sulla neve per andare a succhiare il latte delle madri. Il mondo ha perso il bianco e il nero ed è ritornato il colore.
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