Il Parco Archeologico di Castiglione di Paludi, dislocato su un’altura (334 m. s.l.m.) articolata in due aree dalla sommità pianeggiante e collegate tra loro da una sella centrale, occupa un’area di ca. 40 ha, in posizione isolata rispetto alle vicine colline dell’entroterra rossanese e a controllo del corso del torrente Coserie, agile via di penetrazione dalla costa ionica verso l’interno.
Si tratta di un sito di notevole interesse storico, archeologico e paesaggistico per la straordinaria mole di dati che ancora giacciono “sepolti” al di sotto del manto erboso che riveste il Parco e che solo in minima parte è possibile apprezzare attraverso le vestigia del poderoso circuito murario che, con torri, porte e camminamenti si impone alla vista del visitatore e lo accompagna come silenziosa guida durante tutto il percorso all’interno del Parco.
A questo si aggiungano i resti dell’edificio connotato come “teatro” e del cosiddetto “lungo muro” , che accolgono il visitatore subito dopo l’ingresso al Parco e la cui scoperta, nel corso degli anni Cinquanta del secolo scorso, ha permesso di riconoscere nel sito di Castiglione di Paludi, un abitato fortificato databile tra il IV ed il III sec. a.C.
Sono i Brettii, popolazioni lucane che dal 356 a.C. insediandosi in Calabria, tra le alture, diventano i protagonisti indiscussi della nostra storia, in un turbinio di forti conflitti con le poleis greche, dislocate a più stretto contatto con le coste e aperte verso il mare e le sue genti. Sarà proprio il contatto con le genti greche a fare dei Brettii, dipinti dalle fonti antiche come pastori ed agricoltori, dediti alle scorribande, un popolo che si connota attraverso la cultura materiale come fortemente “ellenizzato” ossia intriso di cultura greca. E sono proprio i Brettii gli uomini che hanno abitato e vissuto sull’altura che oggi è il Parco Archeologico di Paludi e che qui, tra il IV ed il III sec. a. C., hanno plasmato un abitato fortificato dalle connotazioni fortemente elleniche.
Tuttavia, il lavoro di ricerca fatto a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ha dimostrato che il sito era occupato già secoli prima, tra il IX e l’VIII sec. a.C., dalle popolazioni indigene (Enotri) che, come gran parte dei siti indigeni coevi, dislocati sulle alture che a mò di corona circondano la piana di Sibari, vengono annientati dall’arrivo degli Achei che, nell’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C., fonderanno la polis greca di Sibari.
A Castiglione di Paludi, gli Enotri possono essere conosciuti attraverso le sepolture individuate nella vicina Piano Agretto, scelta per insediare lì “la città dei morti”, utilizzata successivamente anche da parte dei Brettii, per le proprie deposizioni funerarie.
Ma il Parco di Castiglione di Paludi non è solo questo, perché all’interno di esso il visitatore può muoversi tra i resti delle case private, espressione di una comunità che ha appreso dai Greci anche l’arte di costruire gli spazi domestici e soprattutto l’organizzazione urbana delle superfici destinate alle aree abitative, con una grande strada (plateia) che, intersecandosi ad angolo retto con strade minori (stenopoi), crea gli isolati in cui si dislocano le abitazioni private.
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