Da Aforismi di Renato Parascandolo in collaborazione l'Istituto italiano per gli studi filosofici. Rai storia.
Il contenuto della critica del giudizio non è solo la fondazione dell'estetica.
Certo lo scritto kantiano inizia con la critica del "bello", che comporta i compito difficile di spiegare cosa significhi bello.
Chi giudica della bellezza? Cosa significhi trovare bello qualcosa al di là della conoscenza, del dovere morale, suggerito dalla nostra eticità.
Che senso ha dire di una cosa che è bella?
La tradizione ha una parola per suggerirlo: il gusto.
L'estetica del 700 ha coniato un'espressione che ha assunto un valore ormai quasi concettuale: il gusto. Il gusto è un "certo non so' che ".
Ma questo non sò che è un sapere. Non sò dire perchè: è bello e basta!
Non sò indicare quali regole o leggi ne facciano una cosa bella.
Sappiamo bene in quale situazione difficile si trovi un critico d'arte quando deve dire concretamente perchè qualcosa è bello o magari perchè in qualche opera d'arte ci sia qualcosa che disturbi. Chi si cimenta nell'impresa rischia di fare il critico pedante.
Una figura ben tratteggiata da Richard Wagner nei "Maestri cantori" : uno che si affida alle regole per poter dimostrare che qualcosa è bello oppure no.
Kant comprese pero' che tutto cio' non basta. In qualsiasi forma artistica non ci si puo' accontentare della semplice applicazione di schemi.
Attraverso questa via egli perviene al concetto di genio quale fordamento dell'arte.
Non posso qui analizzare in quale rapporto siano il bello di natura ed il bello artistico. Posso solo affermare in via preliminare che nella critica del giudizio il bello di natura è il punto di partenza da cui discende che la natura ha conferito agli uomini geniali un particolare talento.
Essa li ha favoriti concedendo loro il potere di creare senza obbedire a regole, qualcosa di nuovo, che vale essa stessa da modello e da norma.
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