Guardia giurata e orario di lavoro
il contratto collettivo della vigilanza privata prevede che "tenuto conto delle obiettive necessità di organizzare i turni di lavoro in maniera da garantire la continuità nei servizi di tutela del patrimonio pubblico e privato affidato agli Istituti di Vigilanza, la durata massima dell’orario di lavoro, comprese le ore di straordinario, non potrà superare le 48 ore per ogni periodo di sette giorni, calcolate come media, riferita ad un periodo di mesi 12, decorrenti dal 1° Gennaio di ogni anno di applicazione del presente contratto, fermo restando quanto previsto in materia di banca delle ore (artt. 81, 82)." La disciplina del contratto collettivo, così come formulata, può vanificare il limite delle 48 ore settimanali perché pone come base di riferimento non la singola settimana ma la media nell'anno. Si possono verificare, così, situazioni in cui una guardia giurata, per otto mesi non abbia prestato ore di lavoro straordinarie con la conseguenza di vedersi caricare il monte ore di lavoro straordinario annuo nei pochi e restanti mesi. Questo può comportare la conseguenza che la guardia giurata possa anche essere sottoposto ad un orario di lavoro fino al 13 ore giornaliere, veramente pesante.
Ma l'istituto di vigilanza non ha un potere assolutamente discrezionale nell'imporre il lavoro straordinario al suo dipendente perché questo lavoro straordinario può essere richiesto solo nel caso in cui vi sia la "necessità di assicurare servizi caratterizzati da straordinarietà non programmabili, al fine di evitare pericoli e o danni ai beni da vigilare " (articolo 71, primo comma).
Solo in presenza di questa straordinaria esigenza non programmabile l'istituto di vigilanza può chiedere al lavoratore il sacrificio di prestare una attività lavorativa oltre le 40 ore settimanali e anche oltre le 48 ore settimanali. Senza questa straordinarietà la richiesta di effettuazione di ore di lavoro straordinario è indubbiamente e sicuramente illegittima. Nel rispetto della previsione contrattuale, l'istituto di vigilanza non può chiedere l'effettuazione di ore di lavoro straordinario solo per supplire alle carenze dell'organico. La carenza dell'organico non può assurgere alla dignità di necessità straordinaria e non programmabile perché si tratta della normale gestione dell'impresa alla quale si può far fronte agevolmente.
Come può difendersi la guardia giurata di fronte a una richiesta di effettuazione di ore di lavoro straordinario che non intende eseguire?
Ricevuto l'ordine di servizio con l'orario di lavoro, la guardia giurata deve chiedere con immediatezza e per iscritto all'istituto di vigilanza di volergli indicare le ragioni che sottostanno alla richiesta aziendale di effettuazione delle ore di lavoro straordinario con la specifica individuazione della loro straordinarietà non programmabile. Nel frattempo, però, la guardia giurata, come Giuseppe Garibaldi, deve improntare il suo comportamento alle parole "obbedisco ma dissento", deve cioè eseguire l'ordine senza dare pretesto di insubordinazione.
Se l'azienda non dovesse adempiere il suo obbligo di indicare questi motivi giustificativi della richiesta di lavoro straordinario, la guardia giurata potrà rivolgersi al giudice del lavoro assumendo l'inadempimento contrattuale e chiedendo il risarcimento dei danni. Parimenti può rivolgersi al giudice del lavoro anche quando i motivi che sono stati indicati dall'istituto si presentano palesemente come non straordinari né non programmabili.
Il settore della vigilanza privata è interessato da una pratica sempre più diffusa che vede l'imposizione di ore di lavoro straordinario che annualmente arrivano anche a 2000 ore, a fronte di un contratto collettivo che annualmente pone un limite non superiore a 340 ore. Un'enormità che compromette la vita di relazione, la vita familiare e l'integrità psicofisica del lavoratore. Le aziende possono ben ovviare a tutte le loro esigenze organizzative, senza ricorrere alla richiesta di lavoro straordinario, assumendo nuovo personale che, adesso, con le tutele crescenti e con l'esonero dalla contribuzione previdenziale, sarebbe una scelta anche economicamente vantaggiosa con l'aggiunta della tanto invocata flessibilità in uscita.
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