Ormai da diversi mesi, la Georgia è entrata nell’occhio del ciclone in seguito alla decisione del governo di Tbilisi, imperniato sul partito europeista Sogno Georgiano, di introdurre una legge volta a sottoporre a più rigorosi controlli l’attività delle Organizzazioni Non Governative (Ong) il cui bilancio dipenda per oltre 20% da finanziamenti esteri. Le manifestazioni di protesta contro il provvedimento dell’esecutivo, guidate dall’opposizione e dalle Ong stesse, sono in alcuni episodi degenerate in scontri aperti tra dimostranti e forze dell’ordine. La situazione è peggiorata ulteriormente a partire da ottobre, quanto le elezioni parlamentari hanno consacrato la vittoria con oltre il 54% dei voti del partito Sogno Georgiano. I partiti di opposizione filo-europei, United National Movement e Coalition for Change, si sono rifiutati di riconoscere i risultati annunciati dalla Commissione Elettorale, denunciando brogli e interferenze russe. La presidente georgiana Salome Zourabichvili, ex plenipotenziaria francese a Tbilisi, si è unita al coro, dal canto suo, invitando per di più la popolazione a scendere in piazza in segno di protesta. «Questa – ha dichiarato la Zourabichvili – è stata una vera e propria frode elettorale, un furto completo di voti, un’operazione russa, una nuova forma di guerra ibrida sferrata dalla Russia». Con una dichiarazione congiunta i governi di Germania, Canada, Estonia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Svezia e Ucraina hanno dichiarato di non riconoscere i risultati elettorali in Georgia. L’Ucraina si è persino spinta a imporre sanzioni contro personalità di spicco del governo di Tbilisi, mentre la presidente Zourabichvili ha annunciato che non abbandonerà il proprio incarico una volta scaduto il mandato e l’Unione Europea si è espressa a favore della ripetizione del processo elettorale, in una sorta di riproposizione del paradigma applicato in Romania. Parliamo di questa delicatissima situazione assieme a Fabrizio Vielmini, saggista, ricercatore associato presso Vision and Global Trends e specialista di storia della Russia, del Caucaso e dell’Asia centrale. Fra il 2002 ed il 2021 ha risieduto nell’ex-Unione Sovietica, dove ha lavorato per l’Osce e l’Unione Europea.
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Avviso: Questo video contiene discussioni su conflitti armati e può non essere adatto a tutti gli spettatori. Presenta inoltre una analisi di natura speculativa di possibili scenari geopolitici futuri.
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