Firenze, 14 marzo 2021
LECTURA DANTIS FIRENZE 2021 – ERMINIA ZAMPANO
Dalla “Divina Commedia” trascritta e miniata dal pittore fiorentino Attilio Razzolini nel 1902. In occasione delle celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri (1265 – 1321) dalla città che gli dette i natali, di cui disse: «... I' fui nato e cresciuto / sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa» (Inferno, XXIII, 94-95).
Paradiso, Canto I – Iniziamo la lettura de “la sublime cantica, che si fregia del titolo di Paradiso”, come Dante definisce il suo “ultimo lavoro”. Il Paradiso dantesco si apre con la grandiosa e luminosa immagine della gloria di Dio che penetra e si effonde ovunque nel Creato, risplendendo dell’impronta del suo Creatore. Dal dolce paesaggio dell’Eden, Dante salirà con Beatrice attraverso i cieli fino all’Empireo, il cielo che più risplende della luce divina. Prima di accingersi a raccontare la sua eccezionale esperienza dell’ascesa a Dio, il Sommo Poeta invoca l’aiuto di Apollo e delle Muse, nella consapevolezza che non ci sono parole adeguate per esprimere l’ineffabilità della visione, che si può solo sperare di sperimentare un giorno, per grazia divina. Il poeta afferma di aver visto cose che non si possono raccontare, perché l’intelletto umano, avvicinandosi all’oggetto del suo desiderio, cioè a Dio, è così immerso in Lui che la memoria non riesce a conservare tale esperienza. Inizia così la descrizione del viaggio. Nel Paradiso terrestre è mezzogiorno. Il poeta, vedendo Beatrice rivolta a sinistra fissare il sole, rivolge il suo sguardo a quella luce sfavillante come fuoco incandescente, ma non potendo sostenerla ritorna a guardare gli occhi della sua guida. È il momento dell’ascesa al Paradiso e del suo “trasumanar”, la straordinaria esperienza del passaggio dal limite umano alla condizione divina, senza che il poeta se ne accorga. Dante si meraviglia della bellezza che lo circonda nel sentire il suono armonioso e sublime prodotto dal ruotare delle sfere celesti e nel vedere una luce sfolgorante e intensa. Il Sommo Poeta contempla estatico quello spettacolo mai visto prima e inimmaginabile; così nasce in lui il desiderio di conoscerne la causa. Beatrice, sorridente e piena di affetto, chiarisce a Dante il suo dubbio inespresso e gli spiega che non è più sulla Terra, come crede, ma velocemente sta salendo al cielo. Poi risponde al secondo dubbio di Dante, che si chiede come sia possibile che con il corpo possa salire attraverso corpi leggeri, come l’aria. Beatrice gli spiega con amorevole pazienza che tutte le cose sono creazioni di Dio e a Lui desiderano ritornare. Aggiunge che l’Universo è ordinato da Dio in modo diverso e a diversi fini. Proprio per questo, Dante non deve meravigliarsi se, libero da ogni inclinazione al male e purificato, tende naturalmente verso il cielo, che è il fine di ogni uomo. Dopo aver spiegato che sono nella dimensione dell’assoluto, fuori di ogni legge fisica, Beatrice rivolge di nuovo il suo sguardo in alto, verso il cielo.
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