Sono 73 i quesiti referendari a cui gli italiani hanno dovuto votare dalla nascita della Repubblica ad oggi: il primo fu proprio quello istituzionale. Poi sono arrivati altri 67 quesiti abrogativi, uno consultivo e tre costituzionali, mentre il quarto – sulla riduzione del numero dei parlamentari – si è svolto in questo fine settimana
Si inizia il 2 giugno 1946° a votare secondo l’Istituto giuridico del referendum, che comporta la richiesta rivolta agli elettori di esprimere il consenso o il dissenso rispetto a una decisione riguardante singole questioni; Il 2 giugno 1946 Il voto popolare, espresso attraverso un referendum Istituzionale, porto. alla caduta della monarchia e alla nascita della Repubblica con l’elezione di un’Assemblea Costituente.
Nel nostro Paese si possono avere diversi tipi di referendum. I referendum confermativi, con i quali si chiede al popolo di far entrare in vigore una legge, non hanno bisogno di quorum per essere approvati, basta che i voti favorevoli siano superiori a quelli contrari, idem per i referendum costituzionale, come quello su cui gli elettori si sono espressi in questo week end,
I referendum abrogativi, sono invece destinati ad abolire una legge o un decreto legislativo e perché abbiano vigore bisogna che i votanti raggiungano il quorum del 50%+1, ovvero la metà degli aventi diritto al voto più almeno un singolo voto. Lo disciplina l’articolo 75 della Costituzione, una norma che a partire dagli anni ‘890 ha più volte vanificato la buona riuscita del referendum
In Italia a tutt'oggi 67 referendum su 73 sono stati di natura abrogativa. I confermativi (o non abrogativi) solo 4, a partire da quello del 1946, uno consultivo del 1989 per il mandato costituente al Parlamento europeo.
Fra i costituzionali, gli ultimi due del 2016: il referendum sulla riforma “Boschi – Renzi” su: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”. Vince il “No” con il 59.12% dei voti validi, e quest’ultimo, relativo alla riduzione di un terzo dei parlamentari.
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