Il funzionamento psichico di un individuo adulto dipende molto, come abbiamo visto in alcune puntate precedenti, dal rapporto avuto con la cosiddetta “figura di attaccamento” avuta nell’infanzia, in particolare nei primissimi anni di vita, quando il bambino dipende da una figura adulta, di solito la madre, e cerca in essa una “base sicura”, ovvero un facile approdo al sentirsi innanzitutto visto, ma anche compreso, accolto, ascoltato e protetto, soprattutto nei momenti per lui difficili sul piano emotivo.
Il bambino che sperimenta la dimensione “sicura”, quindi, si può ritenere fortunato poiché si affaccerà al mondo con più fiducia, meno timori e difese nel contesto delle relazioni, riuscendo a intessere rapporti più fluidi da adulto, oltre ad avere un corredo di autostima più solido, rispetto a quello degli altri stili di attaccamento.
Il filo rosso su cui si dipana, alla fine, la buona o la scarsa capacità di relazionarsi con le persone fondamentali della propria vita è l’attitudine alla cosiddetta “mentalizzazione”, ingrediente fondamentale dell’Intelligenza Emotiva che può agevolare un buon rapporto con se stessi e con gli altri.
Oggi parliamo di mentalizzazione.
Buona visione!
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