Elisa Roveda, la donna di Voghera che ha ucciso il proprio figlioletto di 11 mesi, dovrà essere sottoposta a perizia psichiatrica. La richiesta era stata presentata dalla difesa della 44enne, rappresentante dall’avvocato Gianfranco Ercolani, al pubblico ministero del tribunale di Pavia Paolo Mazza che, più o meno in contemporanea con il dissequestro dell’appartamento di via Mezzana in cui è avvenuta la tragedia, ha dato il via libera. Se infatti non ci sono praticamente dubbi sulla dinamica dell’accaduto (la donna avrebbe strangolato il piccolo tra le 7 e le 8 della mattina del 14 luglio mentre si trovava da sola in casa con lui), quello che resta da capire per gli inquirenti è se la donna fosse o meno capace di intendere e volere in quegli istanti e, in seconda battuta, se sarà in grado di sostenere un processo. Secondo quanto emerso Roveda, che si trova tuttora ricoverata al Policlinico San Matteo di Pavia in stato di arresto, nei mesi precedenti al dramma aveva mostrato i segni di una profonda depressione post - partum e per questo era in cura da alcuni specialisti ed era in terapia. Nell’appartamento di via Mezzana gli inquirenti hanno ritrovato convenzioni di psicofarmaci che stava assumendo proprio per curare la sua malattia. Che la donna stesse attraversando un periodo molto difficile è stato del resto confermato dai famigliari, che cercavano di non lasciarla mai da sola, e dagli scritti trovati nella casa in cui la 44enne raccontava la sua condizione di profonda prostrazione. Ad oggi Roveda non è stata ancora in grado di sostenere l’interrogatorio di garanzia con il Gip di Pavia, ma non è escluso che lo sarà nelle prossime settimane. Nel corso del primo tentativo di colloquio, secondo quanto trapelato, era apparsa molto confusa e forse nemmeno consapevole di quanto accaduto.
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