«Non ci sono buoni» e cattivi, «si lavora tutti insieme». È un pungolo e uno sprone, quello di Mario Draghi. Il destinatario sono i partiti: «Lavorano, sembra strano dirlo, anche loro per il bene degli italiani», dice il presidente del Consiglio, a chi gli chiede dei rischi di turbolenze crescenti nella sua maggioranza. Nessuna «contrapposizione di fini», sottolinea. Ma dal Parlamento dipendono «la vita» del governo e la sua capacità di legiferare. Finora, rivendica, i risultati si vedono in termini di vaccinazioni (l'Italia ha fatto meglio di Francia, Germania, Stati Uniti) e nei numeri di un'economia che crescerà «ben oltre il 5%». Ma i problemi sono «urgenti e gravi», a partire dal lavoro. Il Covid è ancora l'incognita più temibile: «Speriamo che quanto fatto basti». L'agenda del governo è fittissima.
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«Sono stato chiamato qui, cerco di farlo al meglio, e poi vedremo», dice Draghi a chi gli chiede se pensa di restare a Palazzo Chigi fino al 2023. «L'orizzonte è nelle mani del Parlamento», aggiunge. Il non detto, Draghi lo sa e centellina le parole, è che il suo governo potrebbe finire se i partiti, a febbraio, lo eleggessero alla presidenza della Repubblica. Ma il rebus è complicatissimo, i giochi veri devono ancora iniziare. Draghi saluta i giornalisti prima di lasciare Roma per due settimane di vacanza, in una giornata di nuovi successi olimpici per l'Italia. Manca solo lo scudetto alla Roma? «Se rispondessi mi esporrei troppo», ribatte sorridendo a chi prova a strappargli una battuta da tifoso romanista. Le due settimane di pausa del Consiglio dei ministri sono un'occasione per tracciare un bilancio del lavoro, «tanto e buono», di sei mesi di governo. Del resto per governo e maggioranza «l'unica cosa che conta sono i risultati».
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