Omelia della Domenica delle Palme del vescovo di Rieti mons. Domenico Pompili.
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La domenica delle Palme e della Passione è la porta di ingresso al mistero della Pasqua. Attraversarla comporta l’avvertenza di questa ambivalenza di festa e di dramma: quelli che inneggiano al Messia “Osanna al figlio di David!” sono forse gli stessi che grideranno di lì a poco: “Crocifiggilo!”.
Conferma di questa tragica possibilità sono Pietro e Giuda. A volte associati nel comune tradimento, essi sono in realtà profondamente diversi. Pietro rinnega il Maestro per salvare se stesso, vistosi alle strette per il rapido capovolgimento che trascina Gesù verso la morte. Giuda consegna positivamente il profeta di Nazareth ai suoi nemici, addirittura, lo vende. Ma la differenza si accentua dopo il tradimento. Pietro quando incrocia lo sguardo di Gesù capisce il male compiuto e piange. Giuda si dispera per la colpa commessa e si toglie la vita. Questo semplice confronto dimostra che dello sguardo misericordioso di Dio non dobbiamo mai dubitare. Il problema semmai è che noi disperiamo di noi stessi. “Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono” ha detto papa Francesco. Potremmo chiederci mentre attraversiamo la porta di questa pasqua: sono ormai stanco di chiedere di essere perdonato? Riuscirò a compiere questo passo di riconoscere la mia meschinità o rinvierò ancora una volta l’abbraccio di Dio?
Ci sono altri due personaggi che si fronteggiano nel lungo racconto della Passione di Luca. Sono i due ladroni. Tutti e due sono crocifissi accanto all’innocente che è sulla croce, bloccato e inerme, in attesa della morte ormai certa. Uno dei due non gli crede ed anzi lo provoca: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi” (Lc 23,39). L’altro ladrone invece riconosce l’innocenza, la verità dell’uomo mite e inerme: “Egli (…) non ha fatto nulla di male” (Lc 22, 41). Compie il passo decisivo, quello di fidarsi: “E disse: ‘Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno’. Gli rispose: ‘In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23, 42-43). Il primo ad entrare attraverso la porta che conduce a Dio è un ladro!
E’ quest’atto di fiducia estremo in Gesù Cristo quello che dobbiamo augurarci. Diversamente il nostro dolore rischia di annientarci e di precipitare nella disperazione. Solo credendo a quel crocifisso così uguale, ma anche così diverso da noi, la nostra vita non sarà inutile e perfino il male fatto potrà essere convertito. La misericordia di Dio, infatti, sa usare perfino la morte per dare la vita.
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