Per una volta rivolgiamo lo sguardo verso la Terra con questo video dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, sull’attività di monitoraggio in atmosfera dei gas - principalmente anidride carbonica, e poi metano – che provocano l’innalzamento della temperatura terrestre a causa dell’effetto serra.
L’obbiettivo stabilito dagli accordi di Parigi del 2015 è di non far superare al riscaldamento globale la soglia di un grado e mezzo rispetto all’epoca pre-industriale. Questo pone un limite al carbonio che possiamo immettere in atmosfera. Rispetto al budget stabilito, spiega l’Esa, rimane solo il 17 per cento del bilancio di carbonio da “spendere”, equivalente a circa 10 anni agli attuali tassi di emissione.
Ogni paese comunica le proprie emissioni annue di gas a effetto serra alle Nazioni Unite. Le quantità globali vengono quindi ricalcolate stimando quanto carbonio viene tolto dall’atmosfera dagli assorbitori naturali presenti nel globo.
Un altro modo per tracciare le fonti e gli assorbitori di carbonio è misurare le quantità di gas serra nell'atmosfera dallo spazio, uno dei compiti che si è data la Climate Change Initiative dell’Esa, utilizzando dati da satelliti propri, ma anche statunitensi e cinesi.
Oltre a monitorare il carbonio atmosferico, l'iniziativa sui cambiamenti climatici dell'Esa sfrutta le osservazioni satellitari anche per tracciare le variazioni nei depositi di carbonio sulla superficie terrestre e in mare.
Il modo in cui utilizziamo il territorio contribuisce per circa un quarto alle emissioni di gas a effetto serra. Le foreste rappresentano il più grande magazzino di carbonio sulla terraferma, una riserva che può passare in atmosfera attraverso gli incendi. Il fitoplancton nell'oceano è invece un importante assorbitore del carbonio.
Un progetto Esa, denominato RECCAP-2, utilizza tutte queste informazioni per riconciliare le inevitabili differenze tra i dati teorici e quelli effettivamente osservati, e capirne le cause.
Le osservazioni sono combinate con modelli atmosferici e biofisici computerizzati per dedurre i flussi di carbonio alla superficie. Questo migliorerà la precisione del bilancio per ciascun gas a effetto serra e contribuirà a separare i flussi naturali dalle emissioni di combustibili fossili e agricoli.
In definitiva, spiega sempre l’Esa, questo lavoro ci aiuterà a valutare se riusciremo a rimanere entro il budget di carbonio corrispondente a un grado e mezzo in più o se ci attende un maggiore riscaldamento globale.
A cura di Stefano Parisini
Crediti: ESA/Planetary Visions
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