Il 14 febbraio del 2004 viene a mancare Marco Pantani, una grandissima figura dello sport italiano. Uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, in grado di emozionare come nessun altro in un ciclismo moderno costruito sempre più sugli schemi del mercato e sempre meno sulla poesia e sulle emozioni.
La chiave di volta nella vita del campione romagnolo passa dalla squalifica a Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999 per i livelli di ematocrito nel sangue sopra i limiti consentiti.
Da star del ciclismo esaltato da tutti, dalla sera alla mattina la carta stampata lo dipinge nel peggiore dei modi: dopato, drogato, imbroglione e persino delinquente.
Oggi, a distanza di 13 anni dalla morte, il quadro è a dir poco inquietante. In alcune indagini si è insinuato il sospetto che Pantani non si sia suicidato ma che qualcuno l’abbia costretto ad assumere cocaina fino a morire di overdose.
Oggi, a distanza di 18 anni dalla squalifica per doping, emerge da una intercettazione telefonica la volontà della Camorra di non far concludere il giro alla Maglia Rosa per via delle scommesse clandestine, adulterando o “sostituendo” la provetta del sangue soggetta ai controlli.
Non so quanto dovremo aspettare ancora per avere tutta la verità, ma di alcune cose sono sicuro da sempre:
Pantani a Madonna di Campiglio era in maglia rosa e assoluto dominatore del Giro, quindi soggetto quotidianamente ai controlli antidoping, come ben sapeva, sarebbe stato folle farsi delle emotrasfusioni proprio in quei giorni;
Pantani nel ’99, intervistato da Gianni Minà, denunciò il giro di scommesse che stava condizionando il mondo del ciclismo;
I media - in primis la Gazzetta dello Sport - utilizzarono il Pirata come capro espiatorio per pulire l’immagine di uno sport purtroppo sporco a causa degli scandali legati al doping;
I media divennero in qualche modo i mandanti morali del declino sportivo e umano di Pantani;
Fabrizio Borra, fisioterapista del campione, in un’intervista a “Sfide” dichiarò che Pantani una volta rientrato alle corse era ossessionato dal complotto e gli faceva controllare il cibo che mangiava e il contenuto delle borracce. Questo a dimostrazione di come si sentisse vittima di un disegno criminale.
Di tutta questa triste storia la cosa meravigliosa è che i tifosi e la stragrande maggioranza degli appassionati di ciclismo gli sono sempre rimasti vicino e hanno sempre creduto in lui nonostante il fango quotidiano e il discredito.
L’intervento di oggi l’ho fatto per rendere omaggio a un grandissimo campione che mi ha regalato delle emozioni indescrivibili e che ha pagato con la pelle la crudeltà del genere umano.
Grazie Marco!
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