«Da oggi questa piccola porzione di terra milanese, di territorio cittadino, diventerà la nostra terra. Diventerà l’Istria, diventerà Fiume e diventerà la Dalmazia. Grazie Milano. Evviva l’Italia!»: è profonda la commozione di Piero Tarticchio, esule istriano che ha avuto sette parenti infoibati, tra cui il padre ed il sacerdote don Angelo Tarticchio, al termine del discorso che ha tenuto all’inaugurazione del monumento che Milano ha dedicato agli infoibati, ai deportati e agli esuli.
Da sabato 10 ottobre, infatti, in Piazza Repubblica (già Piazza Fiume) si erge una lapide in pietra e marmo, alta 4 metri e larga 2, disegnata da Tarticchio stesso, “A perenne memoria dei martiri delle foibe, degli scomparsi senza ritorno e dei 350.000 esuli dalla Venezia Giulia, dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia 1943-1954”. L’iter non è stato semplice e grande merito va riconosciuto all’esule da Albona Romano Cramer, presidente del Comitato pro-monumento promosso dalla sua associazione Movimento Nazionale Istria, Fiume e Dalmazia ed al quale hanno aderito il comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, l’Associazione Italiani di Pola e dell’Istria – Libero Comune di Pola in Esilio, l’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio, Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio e Centro Mondiale della Cultura istriana-fiumana-dalmata. Gli oneri pubblici sono stati limitati grazie al generoso contributo della Fondazione Bracco, presieduta da Diana Bracco, la quale non ha mai dimenticato che le radici della sua dinastia farmaceutica affondano a Neresine, nell’isola quarnerina di Lussino, ed era presente alla cerimonia insieme, fra gli altri, a Rosita, la vedova dello stilista ed esule dalmata Ottavio Missoni.
L’approvazione da parte del Comune di Milano è giunta durante la precedente amministrazione di Giuliano Pisapia, che nel 2004 era stato uno dei parlamentari a votare contro l’approvazione della legge istitutiva del Giorno del Ricordo.
Il Sindaco Giuseppe Sala ha invitato alla cerimonia inaugurale i primi cittadini di Trieste Roberto Dipiazza e Gorizia Rodolfo Ziberna, il quale ha evidenziato l’importanza della presenza di questo monumento nella capitale economica d’Italia nonché una delle più importanti città europee: «Oltre al doveroso tributo ai martiri dell’italianità adriatica – afferma Ziberna, che è anche dirigente nazionale A.N.V.G.D. – questo monumento può anche rappresentare uno stimolo a conoscere, ad informarsi sulle foibe e sull’esodo giuliano-dalmata».
D’altro canto Dipiazza ha dichiarato nel suo discorso: «Si tratta di fatti e drammi storici terribili per troppo tempo tenuti sotto colpevole silenzio. Ribadiamo che la retorica dell’“affinché non accada mai più” – ha proseguito il Sindaco del capoluogo giuliano – non ha senso se non ricordiamo e comprendiamo fino in fondo ciò che è stato fatto dai partigiani comunisti di Tito tra il settembre del 1943 e il febbraio del 1947 e a guerra finita. Non dimentichiamoci che l’eccidio degli italiani della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia è stato il più cruento dopo l’unità d’Italia».
Nel rispetto delle norme di sicurezza è stata comunque folta la presenza di esuli e loro discendenti, delle più importanti sigle della diaspora adriatica, di associazioni patriottiche, combattentistiche e d’arma e di rappresentanze provenienti da Lombardia, Piemonte e Toscana dell’A.N.V.G.D., di cui era presente anche il presidente nazionale Renzo Codarin: «Un monumento disegnato dall’esule Piero Tarticchio, che ebbe sette parenti infoibati, finanziato dalla Fondazione Bracco, presieduta da Diana Bracco, la cui famiglia era originaria di Neresine, e fortemente voluto da un Comitato al quale hanno aderito le più importanti associazioni della diaspora adriatica. Questo monumento dimostra che l’unione delle forze del nostro mondo porta a significativi risultati».
Lorenzo Salimbeni
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