Vicenza, 20 dic. (askanews) - Una mostra su quattro grandi artisti del Cinquecento, e non solo loro, ma anche la storia di una città che ha usato la propria ricchezza per diventare una capitale della cultura. A Vicenza, nella Basilica Palladiana, si racconta "La fabbrica del Rinascimento", un'esposizione che si concentra su "processi creativi, mercato e produzione". Tra i curatori Guido Beltramini, direttore del Centro internazionale di Studi di architettura Andrea Palladio.
"Vicenza nel Cinquecento - ha spiegato ad askanews - è una fabbrica, è un cantiere in ebollizione perché è una piccola città che vuole scommettere sull'arte e la cultura per diventare grande. La ragione è che ci sono una classe dirigente di grande qualità, grandi commercianti, che vendono seta in tutta Europa, fanno soldi, ma soprattuto sono cosmopoliti e hanno voglia di trasformare la loro città di provincia in una piccola capitale delle arti".
Gli artisti intorno ai quali Vicenza costruisce se stessa sono ovviamente un architetto come Palladio, ma anche i pittori Paolo Veronese e Jacopo Bassano e lo scultore Alessandro Vittoria. In mostra si trovano le loro opere, ma soprattutto si trovano le tracce di quello che ha portato a quelle opere.
"E' una volontà di trasformazione - ha aggiunto il curatore - è l'idea di credere nella cultura e nell'arte per trasformare e per diventare qualcosa di più. Vicenza era una città già ricchissima, ma con questa scommessa diventa ancora più grande".
La mostra accosta spesso le sculture e i dipinti ai propri modelli ispiratori o ai bozzetti di lavorazione, piuttosto che ai progetti, nel caso di Palladio. E accanto ai protagonisti principali si incontrano anche dei "fuori programma", come per esempio un magnifico Tintoretto. Ma il punto che più caratterizza l'esposizione vicentina è la riflessione sui meccanismi di commissione e produzione, e anche quella sul mercato dell'arte nel Veneto del '500.
"Questi capolavori quanto valevano all'epoca? Abbiamo avuto delle sorprese interessanti. Dei quadri fantastici - ha concluso Guido Beltramini - come uno di Jacopo Bassano che oggi è conservato al Louvre accanto alla Gioconda valeva appena il doppio di un paio di guanti da signore".
E se oggi questo confronto ci appare sorprendente, occorre ricordare che è di una "fabbrica" che stiamo ragionando, anche se culturale. E in una fabbrica i costi spesso sono proporzionali al tempo di lavoro e ai materiali utilizzati, che per un dipinto potevano essere, relativamente, brevi il primo ed economici i secondi. L'elemento di mito e prestigio era, per restare nella metafora produttiva, il valore aggiunto che poi è puntualmente arrivato, quello che potremmo definire il "profitto" per Vicenza, che da allora in poi non è più stata la stessa città.
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