Parla di cultura, il Vicario Episcopale, monsignor Luca Bressan che definisce, più che i rapporti che contraddistinsero Montini in questo contesto, la logica in cui il futuro beato visse l’orizzonte culturale, «come strumento attraverso cui l’uomo può decriptare la realtà per scoprire la sua identità profonda e la presenza del Creatore».
Insomma, «la cultura come spazio per leggere l’uomo per un sacerdote, Vescovo e Pontefice che si pensa anzitutto come Padre al quale stanno a cuore le anime, e che per questo si fa attento ascoltatore capace di dialogo».
«Montini impara tutto ciò espirando la cultura francese, ma la sfida della modernità la intuisce a Milano e la sviluppa essendo Papa: evitare che la frattura tra fede e cultura trasformi l’uomo in un semplice trasgressore. Ecco perché chiede ai cristiani di impegnarsi», aggiunge Bressan. «Se la cultura è strumento dato all’uomo per conoscersi, la Chiesa può diventare la scuola e il tirocinio per fare questo. Per questo il futuro Beato è un grande uomo di cultura, perché permette di auto comprendersi e di costruire altri uomini».
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