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Il 28 agosto abbiamo ricordato la figura di sant’Agostino, uno dei più grandi santi e Dottori della Chiesa. Una delle sue opere più famose sono le Confessioni, ristampate innumerevoli volte in tutte le lingue.
Le Confessioni sono un libro individuale, è la storia di un’anima. La Città di Dio è un libro collettivo: rivela l’azione di Dio nella storia del mondo, così come le Confessioni mostrano l’influenza di Dio sull’anima umana. Agostino ci guida all’interiorità, ci aiuta a scoprire i tesori nascosti del nostro cuore, attraverso tutte le nostre facoltà, a cominciare dalla mamoria. Nella Città di Dio la prospettiva si allarga.
La Città di Dio non è un’opera astratta, ma una riflessione teologica su un’epoca drammatica, che presenta impressionanti analogie con quella attuale.
All’inizio del V secolo, i barbari, che hanno varcato le frontiere dell’Impero romano, dilagano sulle vie un tempo percorse dalle legioni di Roma. I Vandali attraversano la Gallia e raggiungono la Spagna e poi l’Africa. Un altro popolo, i Visigoti, guidati dal loro re Alarico, irrompono in Italia e arrivano alle porte di Roma. Il 24 agosto del 410, attraverso la Porta Salaria, i barbari di Alarico invadono la Città eterna, inviolata da ottocento anni, mettendola a sacco per tre giorni.
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