Il tumore dell'esofago è il sesto tumore più comune nei Paesi non industrializzati, mentre è al diciottesimo posto nei Paesi industrializzati. Colpisce prevalentemente i maschi (è tre volte più frequente nei maschi che nelle femmine, con 1.500 casi stimati all'anno in Italia, contro i 600 del genere femminile).
L' incidenza geografica è variabile: in Paesi orientali, tra cui Cina e Singapore, è pari a circa 20-30 casi l'anno ogni 100.000 abitanti, mentre in Italia il tasso di incidenza annuo è di circa 4 casi su 100.000.
Si sviluppa nella maggior parte dei casi dopo i sessant'anni, anche se ultimamente ne sono colpiti pazienti sempre più giovani.
Poiché si tratta di una forma di cancro molto aggressiva, la mortalità è generalmente elevata.
Quasi sempre i sintomi iniziali del tumore dell'esofago sono la perdita progressiva di peso preceduta dalla disfagia, cioè dalla difficoltà a deglutire, che di solito compare in modo graduale, prima per i cibi solidi e poi per quelli liquidi. Frequentemente dopo l’alimentazione, che con l’andare del tempo tende a ridursi sempre più, si associa vomito precoce. La deglutizione può anche essere dolorosa, nel caso di tumori ulcerati. Questi sintomi sono riferiti dal 90% circa dei pazienti.
Nei casi più avanzati la crescita del tumore può provocare un calo o un'alterazione del tono di voce perché coinvolge i nervi che governano la mobilità delle corde vocali; inoltre sono frequenti tosse insistente (da rigurgito di liquidi o cibo nelle vie aeree), talvolta dolore retro-sternale o vomito ematico.
In alcune forme di tumore si riscontra un ingrossamento dei linfonodi ai lati del collo e sopra la clavicola, o la presenza di liquido nel rivestimento del polmone (versamento pleurico) che condiziona la comparsa di dispnea (difficoltà a respirare). La presenza di metastasi anche distanti può causare dolori ossei o ingrossamento del fegato, ma ciò avviene di solito nelle forme molto avanzate. I dati prodotti dal registro italiano tumori segnalano una sopravvivenza a 5 anni che in media non supera il 12 per cento se la malattia è stata diagnosticata in fase avanzata, mentre è discretamente più elevata se è stata scoperta in fase iniziale.
Evitare alcol e fumo sono le principali precauzioni per prevenire la forma squamocellulare di tumore dell'esofago.
Nella maggioranza dei casi l'adenocarcinoma si sviluppa da un esofago di Barrett: il modo più efficace di prevenirlo è ridurre il rischio di reflusso gastroesofageo che provoca l'esofagite cronica riducendo il consumo di caffè, di alcol e di sigarette, ma anche il sovrappeso e l'obesità. In alcuni casi è indicato un intervento chirurgico di plastica dello iato esofageo.
Sebbene diversi farmaci antiacidi siano in grado di controllare i sintomi da reflusso, non ci sono finora dimostrazioni scientifiche di una loro efficacia nel ridurre la comparsa dell'esofago di Barrett.
Pur non essendo disponibili esami di screening nei pazienti sani, la diagnosi precoce che si può ottenere con esofago-gastroscopie periodiche è estremamente importante per cogliere in tempo l’eventuale trasformazione maligna del tessuto. Nei pazienti in cui la mucosa esofagea si è semplicemente trasformata in mucosa gastrica è consigliata un'endoscopia ogni due o tre anni.
Nel corso della visita il medico analizza con attenzione i sintomi e procede a un’intervista completa (anamnesi), che comprende domande sulla storia medica e sulle abitudini personali (fumo, tipo di lavoro svolto eccetera). In alcuni casi può anche guardare all'interno del naso con uno strumento chiamato endoscopio nasale e, se lo ritiene necessario, può consigliare un approfondimento richiedendo una visita specialistica da un otorinolaringoiatra.
Lo specialista, dopo aver controllato naso, gola e tutta la regione testa-collo può decidere di prescrivere esami di diagnostica per immagini: i raggi X, per esempio, sono utili a capire se i seni paranasali sono liberi oppure no. La radiografia è di semplice esecuzione, ma non riesce a definire la causa di ostruzione delle cavità. Per una maggiore precisazione dell’eventuale ingombro dei seni paranasali, si ricorre alla tomografia computerizzata (TC) o alla risonanza magnetica (RM) o, a volte, anche alla tomografia a emissione di positroni (PET). Si passa infine alla biopsia, che permette il prelievo di una parte del tessuto da analizzare al microscopio.
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