IL TESTO DELL'INTERVENTO DEL CONSIGLIERE FNOPI, NICOLA DRAOLI.
Grazie Ministro per questa audizione e per questa opportunità.
Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave. Nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno soli, e di questi, 1,2 milioni avrà più di 85 anni.
Sono ormai anni, decenni, che in ogni singolo congresso, convegno, simposio, tavolo si auspica che il SSN si diriga verso Il potenziamento dell’assistenza domiciliare e della residenzialità, oggi ancora privilegio per pochi con forti disomogeneità a livello regionale. Non è più procrastinabile un cambio di rotta in questo senso anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all’interno dei nuclei familiari e di una rete sociale e comunitaria sempre più fragile numericamente, economicamente, culturalmente. In questo senso la FNOPI intende mantenere e rafforzare quanto già trova scritto nell’attuale bozza del Patto: ’implementazione sul territorio nazionale dell’esperienze assistenziali efficaci a partire dall’infermieristica di famiglia e comunità;
L’Infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) integra con un ruolo che non è nuovo ma che ha bisogno di essere formalizzato, sostenuto e reso evidente, preventivo, proattivo e collaborativo, il contributo degli attori delle Cure Primarie, delle Cure Intermedie e della Residenzialità Sociosanitaria, per la salute dei cittadini, collaborando con i Medici di Medicina Generale in primis .
La proattività è caratteristica specifica dell'IFeC e tale aspetto è riconosciuto e promosso dall’OMS fin dal 1998, nel documento salute per tutti nel 21° secolo, e sostenuto dall’Unione Europea per il raggiungimento degli obiettivi di salute fondamentali allo sviluppo dell’intera società. Secondo l’Oms l’infermiere deve consolidarsi ancora di più come professionista che aiuta gli individui ad adattarsi a malattia e disabilità cronica trascorrendo buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio della persona assistita e della sua famiglia. E oggi l’infermiere è un professionista specializzato, competente, responsabile e riconosciuto tale da chi assistiamo.
I dati a nostra disposizione dove il modello è già attivo ci dicono che l'infermiere di famiglia e comunità evita ricoveri impropri, previene e diminuisce le complicanze, promuove auto cura e consapevolezza generando appropriatezza economica oltre clinica proprio partendo dall’educazione al singolo e alle comunità, armonizza i percorsi aumentando fiducia nel sistema e facendo diminuire i contenziosi, ma soprattutto risponde ai bisogni delle persone che dopo brevi esperienze di ospedalizzazione necessitano di lungo supporto assistenziale a volte coincidente con la vita stessa delle persone.
Il limite attuale è che tutto ciò avviene soprattutto in periferia, nelle realtà più piccole e senza un’organizzazione istituzionalizzata che sarebbe necessaria per allargare il metodo anche alle grandi città e alle metropoli e uniformare il modello di assistenza. Come evidenziato dall’OCSE evidenti conflitti di potere tra le professioni ostacolano i processi di cambiamento e solo la competenza dei professionisti, sostenuta da apposita legislazione, può rendere l’applicazione vincente.
Ma L’infermiere di famiglia è uno dei molteplici e importanti esempi delle competenze sviluppate dalla nostra professione, ma ce ne sono molte altre anche riguardo all’assistenza ospedaliera e nell’emergenza urgenza. Proprio per questo auspichiamo che il Nuovo Patto per la salute sia volano per lo sviluppo e la valorizzazione delle competenze professionali degli infermieri.
Così il SSN si innova, si rafforza e cambia nella direzione giusta, quella che serve ai nuovi bisogni di salute delle comunità.
Questo chiedono i cittadini. Questo chiedono i professionisti. Questo ci chiedono le associazioni, le società scientifiche. Questo ci indicano gli studi, i dati. Questo ci chiede oggi la condizione sociale, sanitaria, economica del nostro Paese.
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