Soccorriamo tartarughe dal 2006 ma non ci si abitua mai alla scena straziante di una tartaruga marina che giace morta sulla spiaggia.
Lei, in particolare, arrivava dalla Turchia (riporta un tag sulla pinna destra) ed era un bellissimo esemplare adulto, femmina, di circa 80 cm di lunghezza del carapace (la parte superiore del guscio) e circa 60 kg di peso, in piena stagione riproduttiva/nidificante.
Queste spiagge calabresi deserte e assolate sono conosciute per l’emozionante fenomeno della nidificazione delle femmine di Caretta caretta e nascita dei piccoli tartarughini, che avviene praticamente ogni estate.
Ma il risvolto della medaglia è, purtroppo, anche quello che vi stiamo mostrando: lei, che è solo una delle tante vittime del Mediterraneo, è giunta sulle nostre coste per morirci.
Se per la legge di Madre Natura solo 1 piccolo di 1000 nati riuscirà a superare i pericoli naturali e raggiungere l’età adulta, è anche vero che con la presenza dell’uomo in mare (con la pesca, l’inquinamento e il traffico nautico) e sulle dune (con la cementificazione selvaggia, l’antropizzazione delle spiagge e l’erosione costiera) la lotta per la sopravvivenza delle povere tartarughe diventa ancora più critica.
Oggi eravamo a Marinella di Bruzzano (RC), e grazie alla segnalazione di una turista abbiamo potuto effettuare questo sopralluogo.
A un primo esame visivo non è stato possibile stabilirne le cause di morte, ma grazie alla collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale riusciremo a effettuare l’esame autoptico e fare chiarezza.
Anche se sappiamo già che purtroppo la maggior parte degli esemplari muore per cause umane, soprattutto per la pesca.
Da questo periodo in poi riceviamo a cadenza quasi giornaliera molte segnalazioni di tartarughe marine spiaggiate già morte.
E’ iniziato, infatti, il periodo più brutto dell’anno per il nostro personale e soprattutto per le tartarughe marine. Da aprile/maggio e fino a settembre/ottobre, si pratica la pesca al pesce spada e al tonno con il metodo chiamato “palangaro” (o palangrese o palamito).
Il palangaro è l’attrezzo di pesca in assoluto più impattante sulle tartarughe (ma anche su delfini, squali, mante, gabbiani e altri animali marini) non solo nella nostra area geografica (Stretto di Messina) ma anche su tutte le coste calabresi e siciliane.
E’ formato da migliaia di ami in acciaio e altrettante lenze in nylon. A ogni amo è attaccata un’esca (una seppiolina, una sardina, un calamaro), che attira anche le tartarughe, le quali ignare ingoiano l’esca, e l’amo e restano attaccate tramite il bracciolo in nylon alla lenza madre del peschereccio.
Il pescatore, la maggior parte delle volte, taglia la lenza e rigetta in mare le malcapitate tartarughe.
Se sei un pescatore e ti capita di catturare accidentalmente una tartaruga oppure di avvistarne una in difficoltà contatta il Centro di Recupero più vicino o la Guardia Costiera al 1530.
La tua segnalazione potrebbe salvarle la vita.
Vi ricordiamo i contatti per la nostra zona (Calabria meridionale, Stretto di Messina e Sicilia nord-orientale) :
Ufficio 0964 933347
Whatsapp +39 392 5951614
Filippo 3283020921 (solo per soccorsi)
Tania 340 3880716 (solo per soccorsi)
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