Video 2: il Pian di neve senza neve
Lo scorso inverno avevamo inaugurato una serie di video dedicati al ghiacciaio dell’Adamello. Nel primo video analizzavamo le variazioni di superficie del ghiacciaio sfruttando le immagini satellitari LANDSAT e SENTINEL-2. Il secondo video presenta un lavoro di analisi più raffinato, utilizzando le stesse immagini ma indagando una particolare combinazione di bande spettrali (immagini in falso colore) è possibile distinguere in modo automatizzato in ogni immagine la superficie coperta dalla neve residua piuttosto che il firn (la neve degli anni precedenti) ed il ghiaccio vivo. Secondo una ben nota relazione statistica basata su dati raccolti sul campo, la percentuale di superficie coperta da neve vecchia rapportata alla superficie complessiva del ghiacciaio (chiamato indice AAR) permette di stimare il bilancio di massa del ghiacciaio in quell’anno. I parametri sono piuttosto indicativi e variano da studio a studio ma in linea di massima se oltre il 67% del ghiacciaio è coperto da neve significa che il bilancio di massa netto è stato positivo, fra 50 e 67% in equilibrio mentre se meno della metà del ghiacciaio è coperto di neve residua il bilancio è negativo. Nel video vengono rappresentati i dati dal 1984 al 2019, noterete come le tre bande (bilancio positivo, equilibrio e negativo) non siano costanti nel tempo, questo accade perché gradualmente il ghiacciaio ha perso superficie ritirandosi a quote più alte, perciò oggi è necessaria una copertura nevosa meno estesa per permettere un bilancio in equilibrio rispetto ai primi anni di questa analisi. Nonostante una naturale grande variabilità di condizioni nei diversi anni dovuta a stagioni invernali più o meno nevose ed estati più o meno calde, il trend di lungo periodo è chiarissimo e vede una graduale riduzione della neve che riesce a conservarsi sul ghiacciaio a fine estate. In particolare gli ultimi 3 anni sono stati fra i peggiori della serie con il ghiacciaio quasi completamente scoperto anche nella zona del Pian di neve nonostante accumuli invernali di tutto rispetto (vedi 2019). Un triste risultato che non ci sorprende perché già teorizzato nel modello proposto già 15 anni fa dal glaciologo M. Zemp del World Glacier Monitoring Service. Cercavano di comprendere cosa sarebbe successo ai ghiacciai di fronte ad un continuo aumento delle temperature, calcolò che un aumento dell’ordine di 1° nelle temperature estive poteva essere controbilanciato da un incremento del 25 % circa delle precipitazioni invernali (che non è poco!). La relazione fra questi due parametri è esponenziale quindi più aumenta la temperatura più le nevicate invernali diventano sostanzialmente irrilevanti non potendo aumentare in modo esponenziale per ovvi motivi legati alla stabilità del clima alpino, seppur come appassionati di fenomeni nevosi non disdegneremmo un’evoluzione del genere! Insomma, non c’è neve che tenga con estati simili alle ultime tre. (Riccardo Scotti – SGL)
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