Il capitolo 5, intitolato "La paura, la mente e l'ego", esplora come la paura e l'ansia influenzino negativamente la performance musicale, sostenendo che questi sentimenti derivano dalla mente limitata, o ego, e non dalla "mente universale". Il capitolo inizia affermando che la paura non è legata alla morte o al dolore in sé, ma alla paura della morte e del dolore, e che molti musicisti suonano come se avessero una "pistola puntata alla nuca".
Il capitolo spiega come molti musicisti colleghino negativamente il loro valore personale al modo in cui suonano, temendo di non essere all'altezza. La paura, quindi, chiude l'accesso al vero sé interiore, mentre suonare senza ostacoli mentali porta ad un'esperienza di estasi.
Vengono citati i cinque timori che, secondo i buddhisti, impediscono la liberazione:
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timore di perdere la vita
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timore di perdere i mezzi di sussistenza
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timore di perdere la reputazione
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timore di stati mentali anomali
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timore di parlare davanti a un pubblico
L'ansia da prestazione è collegata alla "paura della stupidità", sia di essere giudicati stupidi che di esserlo realmente. Viene introdotto il concetto dei "fantasmi", ovvero i timori instillati da figure autoritarie del passato o l'eredità dei grandi maestri, che portano i musicisti a non sentirsi "degni". Le convinzioni negative radicate nell'infanzia, come l'idea di non avere talento, diventano voci interne che minano la fiducia in se stessi.
L'ansia trae origine dall'ego, inteso come il limitato "io" cosciente che percepisce la separazione dagli altri e che porta al confronto e alla competizione. Nella musica indiana, invece, l'obiettivo è la dissoluzione dell'ego e l'unione con il divino.
L'ego intrappola le persone in uno stato di illusione (maya), impedendo di vedere la vera realtà e di trovare la felicità interiore. I musicisti spesso si condannano senza appello o si considerano migliori di ciò che sono, ostacolando il miglioramento.
Il capitolo descrive come l'ansia porti a interrompere un assolo per paura di non essere abbastanza bravi, o a voler accelerare il processo di apprendimento per la fretta di suonare in concerto, con il risultato di una performance "cruda". La paura porta a ignorare idee semplici, considerate "non abbastanza brillanti", che in realtà potrebbero essere il materiale giusto, impedendo di suonare efficacemente. Si sottolinea che la paura di suonare male priva la musica della sua forza.
Si spiega che molti musicisti cercano di imitare altri stili musicali, ma finiscono per negare a se stessi il diritto di creare, accontentandosi di ricreare.. Viene citato Miles Davis come esempio di musicista che ha trovato la propria voce solo dopo aver superato la "paura dei fantasmi".
L'improvvisazione è descritta come "il coraggio di passare da una nota alla successiva", un atto semplice che l'ansia impedisce. L'ego porta a concentrarsi su un jazz "alla moda" restringendo l'interesse verso la musica a pochi altri.
Viene sottolineato come le orecchie del pubblico siano più obiettive di quelle del musicista, e che un improvvisatore libero da timori avrà sempre un forte impatto su chiunque. Si afferma che l'ansia causa aspettativa, mentre l'amore porta accettazione.
Buon ascolto...
Timeline Capitolo 4:
00:00
Titolo: "La paura, la mente e l'ego"
06:15
Paragrafo 1: "Suonare con l'ansia"
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