La Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento ha sequestrato, beni mobili ed immobili per un valore di oltre 50 milioni di euro ai fratelli Diego e Ignazio Agro, rispettivamente di 64 e 72 anni, imprenditori del settore oleario, nonché ad altri componenti del loro nucleo familiare.
Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Agrigento, su proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica D.D.A. di Palermo - Dipartimento di Criminalità Economica, coordinato dal Sost. Proc. dr. Roberto SCARPINATO, sulla base di indagini bancarie-patrimoniali esperite dalla D.I.A. attualmente diretta dal Generale dei Carabinieri Antonio Girone.
I fratelli Agro già arrestati, nel 2007, nellambito delloperazione DOMINO 2, a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Di GatI, già capo di cosa nostra agrigentina, e condannati alla pena dellergastolo, nel 2009, dalla Corte dAssise di Agrigento per lomicidio di Mariano MANCUSO avvenuto ad Aragona nel 1992.
In sede processuale è stata dimostrata la valenza criminale dei fratelli Agro nonché i loro stretti rapporti con i capi mafia della provincia agrigentina Salvatore Fragapane, Giuseppe Fanara e Maurizio Di Gati, ai quali gli imprenditori racalmutesi si rivolgevano per risolvere le controversie susseguenti alla loro attività di usurai, fino a spingersi ad ottenere la soppressione violenta di Mancuso che si era rifiutato di restituire il denaro avuto in prestito. E stato, altresì, acclarato che lo stesso Fragapane aveva investito denaro di cosa nostra nellillecita attività posta in essere dai due fratelli Agro che, grazie allappoggio incondizionato dellorganizzazione, erano così riusciti ad incrementare il patrimonio personale.
Sulla personalità criminale degli Agro, impegnati per conto di cosa nostra nellattività usuraria sul territorio agrigentino, hanno riferito anche i collaboratori di Giustizia Ignazio Gagliardo e Maurizio Di GatI.
Il provvedimento di sequestro, a seguito delle complesse indagini del personale della Sezione Operativa di Agrigento, che colpisce anche i congiunti dei due fratelli, ha riguardato conti correnti, numerosi terreni e fabbricati siti nelle province di Agrigento, Messina, Brindisi e Perugia, due aziende e quote societarie di diverse imprese operanti nel settore immobiliare e nella produzione e commercializzazione di olio alimentare.
Loperazione è il risultato di una indagine patrimoniale delegata, in origine, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento e successivamente dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo. Il Tribunale di Agrigento ha motivato il sequestro rilevando, sulla base delle complesse ed articolate investigazioni di carattere tecnico-patrimoniale svolte dalla D.I.A, la mafiosità dei soggetti proposti e la sperequazione tra il valore dei beni posseduti e/o dei redditi dichiarati e lattività svolta.
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