L'11 luglio 1995 fu il giorno del massacro di Srebrenica. Il più grande massacro di musulmani di sempre. Un massacro che fu un genocidio.
Migliaia di persone furono uccise dalle truppe serbe guidate dal generale Ratko Mladić, con il silenzio e la complicità dei caschi blu olandesi dell'Onu.
Ventimila donne furono violentate, anche dagli stessi caschi blu dell'Onu. In seguito all'esplosione del caso l'intero governo olandese si dimise, ma nell'ex base sono ancora presenti i murales, terribili, dei caschi blu. E io sono andato a riprenderli.
Sono stato a Srebrenica per raccontarvi il massacro ventuno anni dopo. I colpi di cannone ancora sulle facciate delle case. Una città che era ricca prima della guerra e ora conta solo pochi arricchi dalla guerra.
La situazione economica di Srebrenica è pessima, ma qualche mente giovane, desiderosa di ristabilire un futuro per la città, c'è. Ad esempio Irvin Mujcic, già profugo di guerra in Italia, un ragazzo che parla quattro lingue (otto, se consideriamo anche le lingue dell'ex Jugoslavia) che ha lasciato un lavoro ben pagato a Bruxelles per costruire un futuro a Srebrenica, dove lo stipendio medio di un'insegnante è di 700 marchi (cioè 350 euro). E un boscaiolo
prende un marco all'ora, cioè cinquanta centesimi.
A Srebrenica, oggi, i rapporti fra bosniaci musulmani e serbi non sono scontati. Esistono situazioni di amicizia e collaborazione, come quelli che ho documentato.
Però non tutto è semplice, non tutto è chiarito. Esistono situazioni di solo silenzio e di esclusiva tolleranza. Sono passati ventuno anni dal massacro di Srebrenica, probabilmente non sono ancora abbastanza, soprattutto per il fiorire continuo dei nazionalismi nel Paese.
Questi viaggi, queste testimonianze, questi incontri, non sono possibili senza un'organizzazione preventiva. Qualcuno che di testa e di cuore si butti nell'avventura di costruzione delle relazioni. In questo caso la persona a cui devo dire grazie è lo storico Luca Bravi, incessante nella sua opera di spiegazione e di costruzione di quello che stavo vivendo durante il mio viaggio a Srebrenica.
Un grazie alle voci che mi hanno aiutato nella composizione del reportage. In particolare agli attori Pino Petruzzelli e Roberto Caccavo. E all'attrice Emanuela Agostini.
Un grazie alle donne e agli uomini di Srebrenica che ho incontrato, che hanno pianto, acceso fuochi, che mi hanno raccontato storie di vita e di morte.
[ Ссылка ]
Ещё видео!